SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO
La più grande avventura nella comunicazione – Quando Dio si fa «Parola»
«Invece di essere abbandonata, odiata, al punto che anima viva più non passava da te, io farò di te il vanto dei secoli, la gioia di tutte le epoche» (Isaia 60:15)
Il profeta Ezechiele parla della strana storia di una creatura neonata abbandonata (capitolo 16) in un campo, e raccolta da un uomo commosso e sconvolto di fronte a quella scena. Si trattava di una bambina; quell’uomo si prese amorevolmente cura di lei, come se fosse stata la sua vera figlia, ed ella crebbe, diventando una donna giovane e bella. Poi egli s’innamorò perdutamente di lei… e la sposò!
La giovane, purtroppo, giocando con la sua bellezza e con la sua capacità di sedurre, si lasciò andare alla corruzione e alla prostituzione. Alla fine di questa storia, dopo aver dato libero corso a una rabbia giustificata, il profeta conclude con queste parole:
«Tuttavia mi ricorderò del patto che feci con te nei giorni della tua giovinezza e stabilirò per te un patto eterno (…) quando ti avrò perdonato tutto quello che hai fatto» (Ezechiele 16:60-63).
Anche il profeta Osea, a sua volta, vivrà sulla sua pelle l’esperienza di un uomo che ha fatto di tutto per salvare sua moglie, divenuta prostituta e, infine, schiava (Osea 3:2). Avendola poi riscattata, egli cercherà di riconquistare il suo cuore e di comunicarle il suo amore (Osea 2:16).
Due storie che parlano di un amore ferito.
Così i profeti Osea ed Ezechiele parlano entrambi di qualcuno che cerca di comunicare il suo amore a una donna che continua a trasgredire il patto stipulato fra loro. I loro testi concludono facendoci capire che questa è la storia del rapporto fra Dio e il suo popolo! (ved. Osea 1:2; 3:1; Ezechiele 16:1,2).
Si potrebbero moltiplicare gli esempi di queste dichiarazioni d’amore di Dio per l’uomo; esse sono come un ritornello che si ripete lungo tutte le pagine dei profeti dell’Antico Testamento.
Certo, queste parole si rivolgono prima di tutto al popolo d’Israele. Ma esso non era forse un popolo scelto da Dio per diventare «luce delle nazioni», affinché questa esperienza d’amore fra l’uomo e il suo Dio potesse espandersi tutt’intorno, come luce che inonda l’oscurità? Con Gesù queste parole d’amore diventano universali.
L’idea di un Dio «innamorato» dell’umanità e che desidera comunicare con essa è unica nelle religioni dell’antichità. Essa ci parla di un Dio che cerca prima di tutto di stabilire una relazione d’amore, piuttosto che una relazione di dominio e di potenza.
«Io infatti non provo nessun piacere per la morte di colui che muore, dice DIO, il Signore. Convertitevi dunque, e vivete!» (Ezechiele 18:32).
- Dio è forse un Padre dimissionario, scomparso senza lasciare traccia di sé?
- Dio, come ha comunicato in passato con l’umanità?
- Perché Gesù è la più incredibile rivelazione di Dio?
Un piano di salvezza previsto sin dalle origini
Dio cerca dunque di ristabilire un’alleanza che è stata rotta dall’umanità.
La Bibbia parla di questa frattura in termini di «peccato». Ecco perché è più corretto parlare DEL peccato piuttosto che DEI peccati.
Secondo il testo biblico della Genesi, il tutto si gioca intorno a un frutto proibito (Genesi 3:3). Il fatto di mangiarlo, malgrado Dio avesse avvertito delle conseguenze, esprime la volontà di indipendenza e di ribellione da parte dell’uomo riguardo al suo Creatore. È la scelta di una autonomia servile rispetto, invece, a una dipendenza liberatrice e vivificante. È la deliberata manifestazione di rottura.
Tutti gli atti criminali di questo mondo non sono «altro» che le terribili conseguenze di questa rottura. Tutto il male che esiste nel nostro mondo non è «altro» che la terribile conseguenza di questa rottura, e la morte ne è l’espressione ultima. Escludendo Dio dalla propria esistenza, l’uomo si è in effetti separato dall’unica fonte di vita possibile. E, visto che il contatto con la fonte di vita era stato interrotto, è divenuto impossibile anche il legame diretto con Dio.
Talvolta l’uomo avverte una nostalgia di cui ignora la natura. La più grande crisi dell’umanità non è di tipo economico o politico, ma sta nell’aver tranciato le proprie radici spirituali.
Ma teniamo presente che Dio ha parlato. Lo abbiamo visto attraverso questa sorprendente storia che parla di un amore sofferente. Egli ha preso l’iniziativa per ricondurre l’uomo a sé, per ristabilirlo in questo ideale di vita che era, del resto, quello che proponeva sin dalle origini.
Ponti gettati
«Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo, io do degli uomini al tuo posto, e dei popoli in cambio della tua vita» (Isaia 43:4).
Durante tutta la storia biblica, ritroviamo questa volontà di Dio di gettare ponti. Per rispettare l’individuo nella sua libertà di scelta, egli si è rivolto a dei messaggeri umani, e li ha incaricati di trasmettere il suo messaggio d’amore. Un messaggio che egli si augura di vedere diffondersi di bocca in bocca, da cuore a cuore, fino a che il suo Regno eterno sia instaurato.
Egli ha scelto un uomo, Abramo, il «nomade» di Dio. Questi ha lasciato ogni cosa per entrare nell’avventura di divina. Ha sigillato con lui un’alleanza d’amore e di fedeltà, per lui e per la sua discendenza.
I suoi discendenti sono entrati nell’avventura di un Dio che cerca di comunicare con loro, pur prendendo molto spesso dei sentieri sbagliati! Per esempio, Giacobbe, nipote di Abramo, si era messo in «rottura» con la vita. Troppa viltà, troppe menzogne. Una sera, mentre stava fuggendo, egli vide davanti a sé un’immensa scala che collegava il cielo alla terra. Degli angeli vi salivano e ne discendevano.
Era il ponte di Dio! Malgrado l’atteggiamento ribelle di Giacobbe, essa rivelava che era ancora possibile stabilire una relazione con la vita e con le persone. Dio è colui che cerca sempre, malgrado tutte le separazioni, di comunicare con l’uomo.
Dio si è anche rivelato a dei profeti.
Letteralmente un profeta è un «porta-parola». I «profeti» sono stati questi «ponti» di Dio gettati verso l’umanità. Questi «portatori di luce» hanno brillato del messaggio di Dio.
Ma la rivelazione più stupefacente di Dio per comunicare con l’uomo si trova nella persona di Gesù. In lui Dio si è talmente avvicinato agli uomini che la sua parola si è fatta «carne». In Gesù Dio prende corpo tra noi e risplende della sua piena luce (Giovanni 1:1-17).
«Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Ebrei 1:1,2).
Gesù, parola di Dio incarnata
«In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo» dice Gesù in Giovanni 1:51.
Queste parole di Gesù, dette a futuri discepoli, mostrano bene la volontà di Gesù di essere questo ponte gettato da Dio fra il cielo e la terra. Egli è la realizzazione concreta dell’immagine della scala vista da Giacobbe. Più che un ponte, egli è addirittura la «mano» tesa di Dio.
Più volte Gesù ha cercato di aprire la mente dei discepoli a questa realtà: benché totalmente uomo, egli è totalmente Dio. Lo si è sentito dire: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Giovanni 14:9) o: «Io e il Padre siamo uno» (Giovanni 10:30), o ancora: «In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono» (Giovanni 8:58). E in questo IO SONO, ogni ebreo era in grado di riconoscere il nome stesso di Dio.
Follia? E perché? Se Dio è Dio, non potrebbe allora avvicinarsi all’uomo «immergendosi» nell’umanità a un punto tale da divenire uomo fra gli uomini?
Così, Gesù è chiamato «Figlio di Dio» nel senso che egli è parte costituente della divinità e proviene da essa.
Gesù racconta la storia del proprietario di una vigna.
(Leggere Matteo 21:33-42). Partito per un lungo viaggio, questo proprietario affidò la vigna ai suoi vignaioli e poi, siccome era arrivato il tempo della raccolta, l’uomo inviò loro dei servitori. Tutti furono assassinati. Alla fine, egli inviò il suo stesso figlio che fu ucciso a sua volta.
Interpretazione della parabola:
I servitori sono i profeti inviati da parte di Dio e rigettati dall’umanità.
E dunque, il figlio è Gesù. Ultima e meravigliosa rivelazione di Dio che si fece «carne».
«In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta» (Giovanni 1:4,5).
Conclusione
La storia della rivelazione biblica mostra la volontà di Dio di stabilire un ponte con l’umanità che ha rotto i rapporti con lui. Per questo Dio ha comunicato con gli uomini attraverso dei profeti.
Poi l’«Altissimo» è divenuto il «Bassissimo» facendosi uomo nella persona di Gesù Cristo. Gesù è l’ultima parola di Dio per rivelare il suo piano di salvezza a un’umanità alla deriva, in seguito alla sua rottura con la Vita.
È folle immaginare che un re abdichi e divenga pastore per toccare il cuore di una pastorella, ma noi siamo in grado di comprenderlo: sono le ragioni del cuore. Ma il fatto che Dio divenga uno di noi, che tolga di mezzo l’infinita distanza che ci separa per camminare al nostro fianco come uno di noi…
No: decisamente non avremmo mai potuto sognare un tale Dio!
E questo che cosa cambia nella mia vita?
Sapere che ho un padre al di sopra di ogni altro padre, il padre dei padri dei miei padri; sapere che egli mi ama e cerca di dirmelo malgrado tutti i miei rifiuti; sapere che egli ha anche accettato di morire per amore dell’umanità, dunque anche per me, e che quindi ha trionfato sulla morte per aprirmi a un’altra realtà di vita; sapere che egli ha dei piani per questa umanità e quindi anche per me… tutto ciò mi aiuta ad alzare gli occhi e a credere che egli avrà l’ultima parola.
Non abbiamo voglia di incontrare colui che ci ama a tal punto, colui che ci trascina in un’avventura che profuma di eternità?
Non sentiamo, nel profondo dei nostri cuori, questo appello alla Vita, a un’altra vita?
Qualcosa è venuto a spezzare una bella storia d’amore. Ma qualche altra cosa mi dice anche che non tutto è perduto. Il messaggio biblico è a mia disposizione per risvegliarmi a questa grandiosa e stupenda speranza.
E questo… cambia tutto!
«… ti ho scelto e non ti ho rigettato.
Tu, non temere, perché io sono con te;
non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio;
io ti fortifico, io ti soccorro,
io ti sostengo con la destra della mia giustizia»
(Isaia 41:9-10)
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La parola giusta per il terzo millennio – Una vecchia eredità in sintonia con le sfide del 21° secolo
«Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita» dice Gesù in Matteo 9:22.
Nella nostra società stiamo vivendo uno dei paradossi più folli. I mezzi di comunicazione non sono mai stati tanto sviluppati come in questi ultimi anni. Roba da capogiro! E tuttavia, l’uomo non ha mai sofferto così tanto per mancanza di comunicabilità.
Ecco il colmo della sofferenza della nostra società: la solitudine tra una folla anonima. Una folla che si dibatte in una ricerca sfrenata, che si stordisce per non pensare troppo… senza prendersi il tempo di «curare» le proprie piaghe.
E allora, come accade nel caso della droga, della violenza o della depressione, generalmente si lotta contro gli effetti, raramente lo si fa con le cause.
L’uomo soffre per mancanza di senso della propria vita, e quindi per la mancanza conscia o inconscia di Dio! Ed è proprio questo Dio che Gesù è venuto a rivelare.
In Gesù Dio ha camminato in questo mondo per mostrarci la sua visione della vita e il modo di viverla. Egli ha posto le basi del suo regno e seminato, con le sue parole e i suoi atti, dei semi di umanità che siamo chiamati a far germogliare.
Il suo messaggio risponde in modo sempre molto pertinente ai nostri bisogni personali, come anche alle sfide della nostra società. Ahimè! Molti muoiono accanto al Vangelo, come si può morire di sete accanto a una fontana!
- Come può un messaggio vecchio di 2000 anni rispondere ancora ai bisogni essenziali dell’uomo d’oggi?
- Gesù era sensibile a questi bisogni?
Maslow ha stabilito un elenco dei bisogni essenziali dell’uomo presentandoli sotto forma di piramide; ogni gradino è necessario per accedere a quello successivo.
Per le esigenze fisiche
Una parte essenziale del ministero di Gesù è stata dedicata alla guarigione dalle sofferenze fisiche. Ovunque egli si spostasse, delle folle cercavano di incontrarlo per ottenere un sollievo fisico (Matteo 9:35).
A Giovanni Battista, il profeta che dalla prigione in cui si trovava si preoccupava di sapere se Gesù era proprio il messia che doveva venire, Gesù fece pervenire questo messaggio:
«I ciechi ricuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, il vangelo è annunziato ai poveri» (Luca 7:22).
Non per niente Gesù considerava molto importante il «toccare». Egli toccava i malati, persino i lebbrosi, considerati impuri, o le prostitute. Gesti impensabili per l’epoca e, tuttavia, così benefici.
In lui non troviamo alcuna nozione di disprezzo del corpo. L’abbiamo visto: era una persona che amava vivere e che, in particolare, amava condividere un pasto coi suoi interlocutori (Matteo 11:19).
Poco tempo prima di morire, egli espresse di nuovo ai discepoli i suoi criteri circa la scelta dei membri del suo futuro regno: coloro che danno da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, coloro che vestono gli indigenti, che danno sollievo non solo all’anima ma anche al corpo… mostrando che questa attenzione alle esigenze fisiche doveva essere anche la caratteristica dei suoi discepoli di tutte le epoche (Matteo 25:34-36).
Il suo miracolo più notevole fu, senza dubbio, la moltiplicazione dei pani per nutrire la folla. Gesù conosceva i bisogni del corpo e intendeva rispondere a essi (Matteo 15:29-31).
Per il bisogno di sicurezza
Gesù invitava continuamente i suoi discepoli a vivere in pace, a rifiutare di lasciarsi soffocare dai problemi quotidiani, che sono spesso illusori (Matteo 6:31-34). In effetti, molto spesso le nostre ansietà e paure prendono corpo proprio a forza di pensarci!
Perché portare i miei pesi da solo? Io credo che Gesù sia vivo. Anche oggi posso trovare serenità allentando la presa e abbandonandomi fra le sue braccia.
Spesso l’uomo ha paura e si sente insicuro perché non sa chi è né da dove viene né dove va. Nei prossimi studi vedremo che Gesù è venuto per svelare il piano di Dio e lo scopo della vita, e quindi la mia vita trova senso in lui.
«E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita? (…) Guardate i gigli, come crescono; non faticano e non filano; eppure io vi dico che Salomone stesso, con tutta la sua gloria, non fu mai vestito come uno di loro. Ora se Dio riveste così l’erba che oggi è nel campo e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede! (…) Non temere, piccolo gregge; perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno» dice Gesù in Luca 12:25,27,28,32.
Per il bisogno di relazione e d’amore
L’amore è il motore delle nostre vite. È all’origine di ogni motivazione positiva: spinge in avanti. Al contrario, l’assenza d’amore confina, imprigiona, rende ogni cosa assurda e alimenta le depressioni, mentre la sua presenza aiuta a vincerle.
Gesù ha parlato molto di amore. Egli ha persino spinto al limite il concetto di amore, parlando d’amore per i propri nemici (Matteo 5:44).
Egli amava ciascuno individualmente. Non si trattava dell’amore per una folla anonima, ma per l’individuo. Il nostro comportamento non condiziona l’amore di Gesù. Malgrado il rifiuto da parte del giovane ricco a seguire Gesù, il testo precisa: «Gesù, guardatolo, l’amò» (Marco 10:21).
L’apostolo Paolo parlava dell’amore di Gesù in questi termini:
«chiedo (…) di far abitare Cristo nei vostri cuori, per mezzo della fede. (…) chiedo che siate saldamenti radicati e stabilmente fondati nell’amore. Così voi, insieme con tutto il popolo di Dio, potrete conoscere l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo (che è più grande di ogni conoscenza), e sarete pieni di tutta la ricchezza di Dio» (Efesini 3:17-20, TILC, versione in italiano corrente).
Per il bisogno di stima e di riconoscimento
«Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi, primi» (Matteo 19:30).
Nel nostro studio precedente abbiamo visto che Gesù non giudicava gli individui in base al loro passato. Egli li vedeva in divenire. Sapeva ridare vita e dignità alla donna sorpresa in flagrante adulterio, mostrando che essa non era semplicemente una donna adultera, ma che in lei c’era un nuovo possibile individuo. E se non si era pronti a darle questa possibilità, questo «possibile» non sarebbe mai potuto diventare realtà!
Egli accoglieva e valorizzava gli esclusi da ogni gruppo, pronto a subire il disprezzo dei benpensanti. Ai galilei, disprezzati e sfruttati, diceva:
«Voi siete il sale della terra (…) Voi siete la luce del mondo» (Matteo 5:13,14).
Nessuno aveva mai parlato loro in un modo simile: non solo restituiva dignità a questi emarginati ma vedeva in loro i suoi assistenti in vista dell’edificazione del Regno che annunciava.
Per il bisogno di realizzazione
Qual è uno dei motivi per cui la depressione è oggi tanto diffusa? Senza dubbio perché la società si chiede spesso: «Come fare per vivere?» invece di chiedersi: «Vivere, per cosa?».
Gesù propone ai suoi discepoli di diventare i costruttori di un regno, di un mondo nuovo. Questo progetto di vita va ben oltre i pochi anni che trascorriamo su questa terra. Egli ci propone di essere gli ambasciatori di un altro mondo in questo mondo! Con lui ritroviamo il gusto dell’avventura dell’eternità!
Conclusione
Oggi, in un mondo che annega nella confusione, nel disprezzo dell’altro e che erige barriere di esclusione, il messaggio di Gesù riecheggia con evidente attualità. Egli proietta in avanti, verso un futuro meraviglioso, chi vorrà prestare attenzione alle sue parole.
Questo cambia qualcosa nella mia vita?
L’immagine che ho di me stesso dipende dallo specchio tesomi dalla persona che più conta ai miei occhi. Se Gesù diventa la persona più importante della mia vita, il suo specchio non potrà che rendermi migliore.
In Gesù posso trovare il senso della mia vita. In lui trovo una ragione per stare bene con il mio corpo, trovo la pace interiore, mi sento amato, stimato e riconosciuto, sono impegnato in un nuovo progetto di vita che mi eleva al disopra dei piccoli problemi quotidiani. Egli mi propone un’avventura che sa di eternità!
E non solo accade che la mia relazione con lui sazi i miei bisogni essenziali; egli, in più, mi propone un’avventura: essere, là dove mi trovo, il suo rappresentante verso gli altri. Gesù mi offre in questo modo la possibilità d’entrare in una dinamica che mi apre all’altro e che rafforza il senso della mia esistenza.
«In questo si è manifestato per noi l’amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché, per mezzo di lui, vivessimo (…)
Dio è amore; e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.
In questo l’amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia,
perché qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo. Nell’amore non c’è paura…»(1 Giovanni 4:9, 16-18).
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