Natale

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

Chi è il festeggiato del Natale? Il Natale è una festa pagana?

Ecco alcune riflessioni di approfondimento che provano a dare una risposta a queste domande. È un articolo di Antonio Caracciolo, tratto dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, voce «Gesù», Edizioni Adv, Falciani Impruneta FI, 1990.

Chi è Gesù?

Ebraico: Yehoshua’, «Yahweh salva». Il Figlio di Dio fatto uomo nato da Maria vergine per virtù dello Spirito Santo (Matteo 1:18; Luca 1:35).

1. Gesù nella storia

Gesù ha cambiato la storia, ma la storia quasi non si è accorta di lui. Solo rari e fuggevoli accenni alla sua persona si incontrano nelle fonti non cristiane dell’epoca.

Di fonte romana si conoscono:

a) un accenno di Tacito (inizio del II secolo) in un passo ove lo storico romano spiega l’origine del nome «cristiani» dicendo che «Questo nome viene loro da Cristo il quale, sotto il principato di Tiberio, il procuratore Ponzio Pilato aveva condannato al supplizio» (Annali, XV, 44);

b) la menzione, peraltro dubbia, del nome di Cristo in una notizia del biografo imperiale Svetonio (II secolo) secondo la quale «Claudio espulse da Roma i Giudei che, per istigazione di Chrestus, non cessano di provocare tumulti» (Vita dell’Imperatore Claudio, XXV, 4);

c) la menzione incidentale del nome di Cristo in una lettera di Plinio il Giovane all’imperatore Traiano (anno 112) nella quale il governatore della Bitinia dice, alludendo ai cristiani, che essi si radunano in un giorno stabilito «e cantano inni alla gloria di Cristo come in onore a un Dio» (Epistolario, X, 96).

Di fonte giudaica sono noti:

a) un accenno occasionale a Gesù dello storico Giuseppe Flavio (fine del I secolo) in un passo in cui si ricordano il processo e la lapidazione di «Giacomo, il fratello di Gesù che viene detto Cristo» (Antichità Giudaiche., XX, 9);

b) varie allusioni a Gesù nel Talmud, allusioni che uno studioso moderno ha così riassunto: «Yeshua» di Nazareth praticò la magia (i miracoli), sviò il popolo, si fece beffe dei detti dei saggi, raccolse intorno a sé cinque discepoli, fu impiccato (crocifisso) alla vigilia di Pasqua in quanto falso maestro e sobillatore del popolo.

La scarsezza di notizie su Gesù nelle fonti non cristiane dell’epoca si spiega col comprensibile disinteresse degli annalisti romani per i fatti interni di una piccola provincia all’estrema periferia dell’impero, e per quanto riguarda il mondo ebraico, con la riluttanza dei Giudei a tramandare ai posteri fosse pure il solo nome di Gesù. Ma, come osserva G. Bornkamm in Gesù di Nazareth, p. 23, è già notevole «che nei primi tempi non venne mai in mente ad alcuno, nemmeno al più accanito tra i nemici del cristianesimo, di mettere in dubbio l’esistenza storica di Gesù».

Il valore approssimato dei dati cronologici dei vangeli non consente di stabilire una cronologia sicura della vita di Gesù. Le date della nascita e della morte e quindi la durata del ministero pubblico si possono determinare soltanto con approssimazione. Questo manuale, d’accordo con J. Finegan (Handbook of Biblical Chronology, pp. 294,295) considera come la data più probabile della nascita di Gesù l’anno 4 a.C., e gli anni 26 e 30 come le date più probabili dell’inizio e della fine del suo ministero pubblico.

Per quanto riguarda la data della crocifissione, gli accurati calcoli astronomici e cronologici di J.K. Fotheringham («The Evidente of Astronomy and Technical Chronology for the Date of the Crucifixion», in JTS, 35 [1934] citato da Finegan in op. cit.) hanno stabilito che il 14 di Nisan cadde di venerdì negli anni 30 e 33 del­l’Era Volgare. Sulla base di questi dati, J. Finegan ha elaborato 3 cronologie possibili della vita di Gesù, che presenta a p. 301 dell’op. cit. (…). (Di seguito riportiamo la prima cronologia, ndr).

Primo schema cronologico della vita di Gesù

26 – Quindicesimo anno di Tiberio dall’­inizio, al più presto nel mese di ottobre, del suo governo delle province in correggenza.

– Battesimo e inizio del ministero pub­blico di Gesù in Novembre all’età di circa trent’anni.

– Trentesimo anno della nascita di Gesù in Dicembre.

27 – Prima Pasqua, quarantasei anni dopo l’inizio della ricostruzione del Tempio da parte di Erode.

28 – Seconda Pasqua.

29 – Terza Pasqua.

30 – Ultima Pasqua

– Crocifissione il 14 di Nisan = venerdì 7 Aprile

2. Gesù nei vangeli

Le sole fonti che c’informano ampiamente su Gesù sono quelle cristiane: i vangeli prima di tutto e poi gli altri scritti del Nuovo Testamento. Esula dai limiti e dalle finalità di questo manuale discutere sui metodi e le conclusioni della critica dei vangeli, come pure sull’annoso dibattito circa la storicità di Gesù. Riguardo a quest’ultimo punto basterà ricordare che la ricerca storica su Gesù, iniziata nel secolo XVIII da S. Reimarus, dopo una prima fase caratterizzata da una interpretazione mitica della figura di Gesù (D.F. Strauss nel secolo XIX, A. Von Harnack all’inizio del secolo XX), e dopo una seconda fase contrassegnata da uno scetticismo radicale sulla possibilità di poter raggiungere il Cristo della storia (A. Schweitzer e R. Bultmann nella prima metà del secolo XX), dalla metà di questo secolo con E. Käsemann percorre vie nuove che fanno intravedere la possibilità reale di una identificazione del Cristo della fede col Cristo della storia. In questo manuale si danno per scontati la veridicità dei vangeli e conseguentemente la storicità della figura di Gesù.

Per gli evangelisti Gesù di Nazareth è il Messia annunciato dai profeti. Essi hanno ravvisato l’avverarsi della parola profetica in rapporto al Messia:

‑ Nel modo della sua nascita: Matteo 1:22,23, cfr. con Isaia 7:14.

– Nel luogo della sua nascita: Matteo 2:5,6, cfr. con Michea 5:1.

‑ Nella persecuzione di Erode: Matteo 2:15,18, cfr. con Osea 11:1; Geremia 31:15.

‑ Nel ministero preparatorio di Giovanni Battista: Matteo 3:3 ; Marco 1:2,3; Luca 3:4‑6 (cfr. con Isaia 40:3); Matteo 11:10 (cfr. con Malachia 3:1).

‑ Nell’esordio del ministero pubblico di Gesù: Matteo 4:13‑16 (cfr. con Isaia 8:23); Luca 4:17‑21 (cfr. con Isaia 61:1,2).

‑ Nel soccorso da lui portato ai sofferenti: Matteo 8:17, cfr. con Isaia 53:4.

‑ Nella discrezione da lui raccomandata riguardo ai suoi miracoli: Matteo 12:17‑21, cfr. con Isaia 42:1‑4.

‑ Nella purificazione del Tempio ad opera sua: Marco 11:17 (cfr. con Isaia 56:7); Luca 19:16 e Giovanni 2:17 (cfr. con Salmo 69:9).

‑ Nella indifferenza e incredulità del popolo verso il suo messaggio: Matteo 13:14,15; Marco 4:11,12; Luca 8:10 (cfr. con Isaia 6:9,10); Giovanni 12:38‑41 (cfr. con Isaia 53:1).

‑ Nel suo parlare in parabole: Matteo 13:34,35, cfr. con Salmo 78:2.

‑ Nella sua pretesa di filiazione divina: Matteo 22:42‑45; Marco 12:35‑ 37; Luca 20:41‑44, cfr. con Salmo 110:1.

‑ Nel suo ingresso trionfale in Gerusalemme: Matteo 21:4,5; Giovanni 12:13‑ 15, cfr. con Zaccaria 9:9.

‑ Nell’abbandono da parte dei discepoli: Matteo 26:31; Marco 14:29, cfr. con Zaccaria 13:7.

‑ Nel tradimento di Giuda: Matteo 27:7‑9 (cfr. con Zaccaria 11:12,13); Giovanni 13:18 (cfr. con Salmo 41:9).

‑ Nella condanna di Gesù come malfattore: Luca 22:37, cfr. con Isaia 53:12.

‑ Nel suo grido sulla croce: Matteo 27:46, cfr. con Salmo 22:1.

‑ Nel sorteggio della sua tunica: Giovanni 19:24, cfr. con Salmo 22:18.

‑ Nella preservazione delle sue ossa: Giovanni 19:36, cfr. con Salmo 34:20.

‑ Nella sua resurrezione: Giovanni 20:9; Atti 2:25‑31, cfr. con Salmo 16:10.

Gli evangelisti, accreditando la voce popolare che acclama Gesù figlio di Davide (Matteo 15:22; 20:30; 21:9,15; Marco 8:31; 10:47,48; Luca 18:37), ne riconoscono implicitamente la regalità: Gesù è venuto per annunciare l’instaurazione del Regno (Matteo 4:17; 16:28; Marco 1:14,15; Luca 10:11; 12:34; 13:29; 17:20,21; 23:3; Giovanni 18:36; 17:20,21). Ma soprattutto in Gesù‑Messia (Matteo 16:16; Marco 8:29) essi riconoscono l’Inviato di Dio per la salvezza del mondo (Matteo 20:28; Marco 10:45; Luca 19:10). Quanto alla persona di Gesù, gli autori dei vangeli col titolo di Figlio dell’uomo (Matteo 11:19; 16:13; 19:28; Marco 2:10,28; Luca 5:24; 18:18) ne sottolineano l’umanità, e con l’appellativo di Figlio di Dio (Matteo 11:27; 14:33; 16:16; Luca 1:35; 4:41; Giovanni 2:49; 3:18,19; 10:36) ne affermano la natura divina (Giovanni 5:18)

Perché il natale?

di Luca Marulli, Decano della Facoltà avventista di teologia di Collonges-Sous-Salève (Francia) – tratto da Il Messaggero Avventista, dicembre 2016.

Il Natale è, per molti, la festa cristiana per eccellenza. Per questo è con stupore che apprendiamo che i vangeli non si pronunciano sulla data di nascita di Gesù. A dirla tutta, il più antico dei vangeli canonici, quello di Marco, non menziona affatto la sua nascita! Ma in fondo non ci si deve sorprendere se, come per ogni personaggio importante, si comincia dalla fine: è a partire da ciò che una persona ha fatto che, retrospettivamente, si mette in risalto anche la data della sua venuta al mondo. Gesù in effetti ha fatto qualcosa di prodigioso, di unico, di incredibile: è risorto. È esattamente da questo punto che Gesù alla fine è apprezzato per chi egli è: il Figlio di Dio.

I racconti dei vangeli

I vangeli di Matteo e Luca, scritti alcuni decenni dopo Marco, già mostrano un interesse più specifico verso le circostanze della nascita di Gesù. Luca evidenzia il fatto che l’angelo Gabriele è inviato alla giovane Maria per annunciarle che metterà al mondo un bambino che «sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo … e il suo regno non avrà mai fine» (Luca 1:32-33); fermo restando che i primi a essere informati della nascita del Re sono gli umili e poveri pastori «che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge» (2:8). È grazie a Matteo che apprendiamo che l’angelo del Signore apparve anche a Giuseppe per convincerlo a sposare una ragazza giovane, vergine… e incinta (Matteo 1:18-25). Matteo ci parla anche della visita dei magi d’Oriente (che non sono né re né tre, 2:1-12) e del terribile episodio della strage di bambini voluta da Erode il Grande (2:16-18). Infine, il vangelo di Giovanni, scritto dopo gli altri tre, mostra come la riflessione dei primi cristiani arriverà a valorizzare la preesistenza stessa di Gesù (Giovanni 1:1).

Datazione incerta

Ora, se il giorno di nascita resta sconosciuto, che dire dell’anno? I pareri sono discordanti. Siccome Matteo associa la nascita di Gesù al regno di Erode il Grande (come pure Luca, cfr. 1:5), è logico dedurne che Gesù sia nato prima della morte di Erode o, al più tardi, nello stesso anno. L’anno della morte di Erode è calcolato grazie a una precisazione dello storico Giuseppe Flavio1 che parla di una eclisse lunare giusto prima della morte del monarca. Delle eclissi lunari si sono verificate in effetti il 15 settembre del 5 a.C., il 13 marzo del 4 a.C. (tradizionalmente è questa la data indicata per la morte di Erode e la nascita di Gesù) e due volte durante l’anno 1 a.C. Se invece ci basiamo sulle precisazioni di Luca, secondo le quali Gesù è nato durante «il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria» (Luca 2:2), allora arriviamo all’anno 6 d.C.

Ma in fin dei conti, anche se la data esatta della nascita di Gesù ci è sconosciuta, è utile e importante festeggiare il Natale? Bisogna ancora commemorare, seppure in una data convenzionale, l’incarnazione di Dio in un bambino? La risposta, a mio avviso, è sì, per almeno due motivi.

La speranza dove c’è il dolore

Prima di tutto perché il Natale è l’occasione per ricordare (o imparare), attraverso la lettura, la spiegazione e la riflessione pubblica sui racconti d’infanzia di Gesù, che Dio è venuto al mondo a seguito del doloroso travaglio di una donna incinta, e che il suo arrivo in questo mondo crudele è stato accompagnato non solo dalle corali angeliche, ma anche dalla strage di bambini suoi coetanei, teneri e preziosi agli occhi dei loro genitori esattamente come lo era Gesù per i suoi. Una tale brutalità (la «strage degli innocenti») stona tantissimo con la storia idilliaca della mangiatoia più famosa del mondo! Eppure è così, il male persiste e si accentua proprio in occasione dell’incarnazione del Salvatore. Mi sembra che dopo 2.000 anni le cose non siano poi così tanto cambiate: la gioia con cui noi festeggiamo il Natale forse appare paradossale agli occhi di osservatori attenti. E nonostante ciò, è proprio a causa e in seno alle imperfezioni del mondo che Dio si manifesta, per darci un avvenire e una speranza. Natale è la festa che deve irrompere nei Paesi dove c’è guerra civile e oppressione e dove la dignità umana è calpestata.

Spogliò se stesso

In secondo luogo, è proprio a Natale che l’immaginario collettivo si sofferma a considerare l’immagine di Dio divenuto un umile neonato. Ebbene, questa lezione di umiltà non va sottovalutata. Per i primi cristiani, l’umiltà del Dio-uomo è un pilastro essenziale della fede. Nella sua lettera ai Filippesi (Grecia), l’apostolo Paolo scrive: «il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini» (Filippesi 2:6-7). L’espressione «essendo in forma di Dio», non deve essere intesa come «pur essendo in forma di Dio», ma piuttosto come «proprio perché era in forma di Dio… spogliò se stesso». È proprio perché egli è Dio che ha deciso di diventare uomo come noi, per venirci a servire, fino alla morte. È a partire da ciò che ci viene rivelato alla Pasqua che possiamo apprezzare il miracolo della nascita di Gesù e trarne le conseguenze sulle nostre vite.

Il Natale ha significato solo agli occhi di coloro che contemplano la croce con stupore, che guardano alla tomba vuota con speranza, e prendono la propria croce per mettersi al seguito del Maestro. A Natale, l’odio e la crudeltà umani non sono scomparsi, ma noi possiamo, una volta ancora, portare la nostra attenzione sul dono che Dio fa di se stesso nel bel mezzo dei nostri pasticci, come un invito a fare dell’oggi, per parafrasare Etienne Daho, il primo giorno del resto della nostra vita.

Nota

1 Antichità giudaiche, 17.6.4.

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