SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO
TEMPERANZA
di Bruno Rimoldi
(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)
Greco: sofrosmos, sofrosyne; latino sobrietas. È concetto ricorrente nella Bibbia, dove è però testualmente menzionata solo due volte (Atti 24:25; Galati 5:22) come tale e una col suo sinonimo «continenza» (2 Pietro 1:6).
Intesa generalmente come capacità di controllare e mantenere nei giusti limiti il soddisfacimento degli appetiti naturali, o -come diceva Dante – come «regola e freno de la nostra gulositate», la temperanza ha assunto nella storia della nostra dottrina un’accezione sempre più vasta.
Più volte questo termine è correttamente impiegato anche nel senso di stile di vita sobrio o come sinonimo di equilibrio psico-fisico e spirituale, ma spesso gli viene conferito un carattere più restrittivo, e temperanza in alcune menti estremamente rigide diviene erroneamente espressione di «astinenza».
Sia la Bibbia, sia lo Spirito di profezia parlano di astinenza, ma in modo specifico per alcune situazioni: cose sacrificate agli idoli (Atti 15:20,29), fornicazione (Atti 15:29; 1 Tessalonicesi 4:3), carnali concupiscenze (1 Pietro 2:11), consumo di carne di animali impuri (Levitico 11), o più generalmente il male (per es. 1 Tessalonicesi 5:22); alcol, tabacco, sostanze stimolanti e narcotiche (E. G. WHITE, Tempérance, capp. 2,3; Sulle orme del gran medico, pp. 136-146).
L’idea di temperanza era già insita nel piano creativo di Dio e si espresse in particolare nell’ordine dato da Dio ad Adamo (Genesi 2:16,17). Ma l’uomo comprese meglio il senso della temperanza solo dopo la propria trasgressione e le nefaste conseguenze dell’intemperanza. A monte del peccato dell’uomo, sta però l’azione distruttiva di Satana, il vero responsabile dell’intemperanza (Tempérance, cap. 1 par. 2): «Satana trionfa di fronte allo spettacolo della sua opera di distruzione, perché inducendo l’uomo a cedere alle sue abitudini disastrose per lui e per gli altri, egli toglie a Dio l’onore che gli è dovuto» (E. G. WHITE, Spiritual Gift, vol. 4, p. 146).
L’idea divina di temperanza, che nell’AT è espressa più sottoforma di ordini, limitazioni e a volte minacce ((es «nel giorno che tu ne mangerai per certo morrai», (Genesi 2:17), nel NT sembra offrire più spazio alla riflessione personale e alla libera scelta (es «sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio», 1 Corinzi 10:31); certamente questa apparente dicotomia è influenzata dalla venuta di Cristo sulla terra e dai suo esempio, che ha aperto una nuova visuale all’umanità.
«Fare tutto alla gloria di Dio». Il pensiero è in stretta sintonia con quello del corpo come «tempio dello Spirito Santo» (1 Corinzi 6:19) ed entrambi sono espressi dall’apostolo Paolo che chiarisce ancora meglio l’idea di temperanza quando dice: «Se uno guasta il tempio di Dio, Iddio guasterà lui» (1 Corinzi 3:17). E.G. White spiega a tal proposito che «ciò che corrompe il corpo tende a corrompere l’anima e a renderla impropria alla comunione con Dio e al servizio che gli è dovuto» (Conseils sur la nutrition et les aliments, p. 67).
Oggetto della temperanza
Trasgredire le leggi naturali equivale a una trasgressione della legge di Dio. Dunque, vivere in modo intemperato, equivale a peccare (4T, 30). Dio ci ha dato di vivere in un mondo che, anche se ha per il momento perduto le caratteristiche principali dell’Eden, ha ancora i suoi alberi della conoscenza del bene e del male. Sono le tentazioni quotidiane del fisico e della mente che spesso portano l’uomo ancora a seguire il serpente piuttosto che il Signore. In effetti, il già citato avvertimento di 1 Pietro 2:11 sembra applicabile solo ai libertini e ai licenziosi, ma ha sicuramente un significato più largo: esso «mette in guardia contro ogni soddisfazione perniciosa di un desiderio o di una passione. È una potente ingiunzione contro l’uso di stimolanti e narcotici come tè, caffè, tabacco, alcol e morfina. Tali abbandoni possono essere classificati fra gli appetiti che esercitano un influsso nocivo sul carattere morale» (Conseils sur la nutrition et les aliments, p. 74). La temperanza la si deve praticare in vari ambiti.
Nell’alimentazione: «Voi dovete seguire la temperanza in ogni cosa. È un dovere per voi di seguire una dieta semplice che vi manterrà in salute» (2T, 45,46; leggere anche Conseils sur la nutrition et les aliments, par. 22, p. 25). Un buono stato di salute è diretta conseguenza di sane scelte di ordine alimentare. Nutrirsi in modo sano significa saper mangiare equilibratamente, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Temperanza è anche evitare gli eccessi. «Quando adottiamo un regime alimentare che indebolisce il nostro vigore fisico e mentale e diventiamo preda di abitudini che conducono allo stesso risultato, noi disonoriamo Dio» (Tempérance, p. 49).
Nel lavoro: il lavoro nobilita l’uomo, salvo quando vengano superati dei limiti legati alle capacità e alle possibilità individuali (Conseils sur la nutrition et les aliments, par. 22, p. 25).
Nel vestirsi: anche un abbigliamento sobrio, senza vistosità, può rappresentare un modo utile per restare in sereno contatto con Dio (Conseils sur la nutrition…, p. 77, p. 66).
Nel curarsi: di fronte alle insidie di una malattia è opportuno cercare di curarla in modo saggio, privilegiando quando è possibile i sistemi naturali (uso d’acqua, erbe, dieta appropriata…) e ricorrendo ai farmaci quando ciò sia veramente necessario. «Molte persone non cercano di conoscere la vera causa dei loro disturbi. La loro unica preoccupazione è di essere alleviati nelle loro sofferenze e dalle conseguenze spiacevoli che ne derivano. Per risolverli, esse ricorrono a farmaci di cui non conoscono bene le vere proprietà, o si rivolgono al medico per avere un rimedio che neutralizzi i propri errori» (leggere tutto il par. 3 del cap. 4 di Tempérance). «È un non senso aver fatto ricorso a farmaci continuando a praticare abitudini nocive» (op. cit., p. 65).
Morale, intelligenza e spiritualità
I vantaggi della pratica della temperanza sono notevoli, sia dal punto di vista fisico sia psichico, morale e spirituale. Dalla maggior resistenza di fronte alle aggressioni esterne, si può arrivare fino alla vittoria su Satana, dunque sul male, grazie a una maggior forza morale acquisita.
«Tutti coloro che sono schiavi dei loro appetiti non acquisiranno la perfezione del carattere» (E. G. WHITE, Health Reformer, agosto 1875)».
«L’attitudine a ragionare è in gran parte distrutta da cattive abitudini» (Spiritual Gifts, vol. 4, pp. 124-131). «Dalle nostre abitudini fisiche dipende il livello della nostra spiritualità» (Review and Herald, 25/01/1881).
Primo esempio: la carne
In questo senso sembra avere grande importanza la diminuzione o, meglio, l’eliminazione della carne dalla dieta, ivi compresa quella degli animali «puri» che comunque Levitico 11 permette. In effetti, Dio stesso ha in origine consigliato all’uomo un’alimentazione a base di vegetali: solo dopo il diluvio, quando ogni cosa verde era stata distrutta, Dio permise all’uomo di nutrirsi con la carne. Quando poi l’uomo poté coltivare nuovamente la frutta e la verdura, il consiglio di mangiare carne non comparve più. Eppure Dio restò sempre coerente con se stesso: quando, dopo la cattività egiziana, il popolo d’Israele si trovò a errare per decenni nel deserto, Dio mandò dal cielo la manna, come alimento completo per soddisfare le esigenze nutritive dei suoi figli. Se arrivò poi a mandare anche le quaglie (dunque la carne) non fu certo per cedere alle frenesie nutritive d’Israele, quanto ancora per dar loro una lezione di equilibrio, quindi di temperanza. Le conseguenze pratiche furono infatti disastrose!
Sicuramente, quando Dio limitò l’uso delle carni, dando pure consigli sulle scelte da operare e sulle misure igieniche da adottare, aveva in programma di salvaguardare il suo popolo dalle infezioni e dalle contaminazioni tossiche. Il problema resta valido anche oggi, anche se molte malattie infettive sono state debellate e molte tecniche di macellazione si sono raffinate. Non si deve tuttavia trascurare il fatto che oggi la carne viene consumata ancora in grosse quantità dalla popolazione mondiale: per questo è importante affrontare la questione con molta saggezza. Ogni caso è fine a se stesso e va valutato per vedere in che modo è possibile ridurre ed eliminare questo alimento, senza nel contempo offendere le scelte e le convinzioni altrui.
Secondo esempio: il vino
Molto ampio è lo spazio che il Signore fa dedicare, in tutti i messaggi da Lui ispirati, al consumo di vino e di altre bevande alcoliche. Diversi esempi di vita vissuta riferiti al vino ne mostrano i deleteri effetti sulla salute e soprattutto sulla mente, es Noè (Genesi 9:21) e Lot (Genesi 19:32); ancor più numerosi sono gli avvertimenti riguardo all’uso del vino (per es. Levitico 10:9; Numeri 6:3; Isaia 5:11; Osea 4:11; Efesini 5:18). Più precisi sono i consigli che vengono da Dio dati a particolari categorie come vescovi, che non devono essere dediti al vino (1 Timoteo 3:3; Tito 1:7), diaconi, che non devono essere proclivi a troppo vino (1 Timoteo 3:8), le donne anziane, che non devono essere dedite a molto vino (Tito 2:3).
Se controversa può apparire la posizione circa l’uso del vino, è comunque evidente che i continui consigli a bandirlo o a limitarlo partono dalla considerazione fondamentale dei danni che il vino provoca al corpo e alla mente. Si legga allo scopo Proverbi 23:29-32.E che il vino non sia gradito a Dio lo dimostra la chiara identificazione in questa sostanza del peccato, che più volte è nella Scrittura simboleggiato dal processo fermentativo. Nell’Apocalisse si parla di «vino dell’ira di Dio» (Apocalisse 14:10) per indicare la parte più «effervescente» del giudizio divino; per contro il vino della fornicazione (Apocalisse 17:2) e del furore (Apocalisse 16:19) sono simbolo dello spirito maligno che anima i malvagi.
Uno studio attento dei testi originali può aiutare a discernere i momenti della storia biblica in cui il vino adoperato era fermentato o semplice mosto: come unico esempio citiamo il vino della S. Cena che, per il fatto che è simbolo del sangue di Cristo, incontaminato dal peccato, non poteva né può certo essere fermentato.
Quando alla posizione di E.G. White, decisamente favorevole alla totale eliminazione dell’alcol sotto ogni sua forma, leggere i numerosi brani che essa vi ha dedicato (per es. Sulle orme: cap. «Droghe», p. 136 ss; cap. «Commercio di liquori e proibizionismo», p. 141 ss; Tempérance, cap. 2: «L’alcool et la societé» e cap. 5: «Les boissons fermentées»).
Esempi di intemperanza
I primi intemperanti della storia furono sicuramente Adamo ed Eva che non seppero resistere alle loro pulsioni, giungendo perfino a trasgredire la legge di Dio.
E.G. White cita Erode, il giustiziere del Battista, quale esempio di dissipatezza; sembra che Erodiade abbia approfittato di un suo momento di debolezza (data forse dalle abbondanti libagioni cui lo aveva indotto) per convincerlo ad accettare la macabra richiesta di Salomè (Matteo 14:1-12). Il peccato di Nadab e Abihu (Levitico 10:1,2) fu il risultato di una dissolutezza precedente (Tempérance, cap. 9, par. 6, p. 145).
Esempi di temperanza
Paradigmatica è l’esperienza di Daniele e dei suoi tre compagni che non soltanto obbedirono a Dio, ma osarono proporre un comportamento diverso da quello deciso da Nabucodonosor. E Dio li benedisse conferendo loro un migliore aspetto rispetto agli altri giovani che si erano nutriti con le vivande del re (Daniele 1:11-16).
L’esempio sommo di temperanza l’ha dato indubbiamente Gesù col suo ministero terreno, non cedendo agli impulsi della carne neppure nei momenti più difficili come quello della tentazione nel deserto ad opera di Satana (Matteo 4:1-11). «Bisogna tenere a freno gli appetiti e le passioni grazie all’aiuto di una coscienza illuminata, per modo che l’intelligenza sia lucida, discerna chiaramente le opere e le trappole di Satana e non le confonda con gli effetti della provvidenza divina… È solo con l’obbedienza e un impegno continuo che potremo vincere come Cristo ha vinto (1T, 1,483,484).
Come essere temperanti oggi
«Gli uomini non saranno realmente temperanti finché la grazia di Cristo non abiterà nel loro cuore… Le circostanze esterne non possono operare delle riforme» (Conseils sur la nutrition…, par. 39, p. 40). Occorre dunque affidarci totalmente a Cristo, il solo che possa aiutarci a scegliere bene. Le tentazioni sono forti e Paolo stesso ci passa spontaneamente la propria esperienza: «Tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, che talora, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia riprovato» (1 Corinzi 9:27). Quel che occorre sono princìpi saldi e un vigoroso impegno sia nelle cose spirituali, sia in quelle temporali (lavoro, famiglia, tempo libero…). Piuttosto che ricorrere alle soluzioni più complicate e al metodi più laboriosi, dobbiamo scegliere le cose più semplici ma che rendano gloria al Nostro Signore.
Una più stretta relazione con Lui è indispensabile: «Mettete costantemente davanti a Dio le vostre necessità, le vostre gioie, le vostre tristezze, le vostre preoccupazioni, le vostre paure…» (Guida a Gesù). «Il Signore è pieno di compassione e misericordioso» (Giacomo 5:11). Ma anche l’uomo deve fare la sua parte e vincere nel nome di Gesù, diventando così erede di Dio e coerede di Cristo. «L’uomo deve cooperare con Cristo se vuole essere vittorioso: allora prenderà parte alla gloria di Cristo» (Review and Herald, 21/11/1882).
Bibliografia
Baldwin, J.T., Gibson, J.L., Thomas, J.D., Segreti del benessere, Edizioni ADV, Firenze, 2015.
La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010, cap. 22.
Per acquistare questi volumi puoi visitare il sito: www.edizioniadvshop.it o richiederlo al responsabile della libreria di chiesa della comunità avventista che frequenti)
UNO STILE CRISTIANO
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GLI AVVENTISTI – PRIMA PARTE
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GLI AVVENTISTI – SECONDA PARTE
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