Buone Notizie #22

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

PROFETI – PROFEZIE 

di Franco Mosca

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Ebraico: naby’, collegato al significato originario di «colui che è chiamato da Dio». La missione affidata al naby’ fece sì che costui fosse considerato come «araldo, oratore (di Dio), colui che parla al posto di», anche se questi non erano i significati primitivi. Termini più rari sono: ro’eh (veggente), persona che rivelava segreti chiedendo una risposta a Dio, e chozeh (veggente, spettatore), voce indicante che il profeta «vedeva» o «percepiva» l’oracolo per rivelazione divina.

Altri termini più generici erano usati in Israele per indicare i profeti: «Servo suo (di Dio)», «uomo di Dio» (Eliseo viene chiamato così circa 35 volte nella Bibbia), «mediatore» (Isaia 43:27), «sentinella» (Isaia 56:10; Geremia 6:17; Ezechiele 3:17; 33:7 ss), «messaggero» (2 Cronache 36:15 ss; Isaia 44:26).

Il greco profetes indica colui che annuncia e spiega la rivelazione divina; lo stesso termine può anche designare gli scritti profetici dell’Antico Testamento (AT) (Matteo 5:17; Giovanni 6:45 ecc.). Compare anche il termine astratto profeteia e sta ad indicare la parola profetica dell’AT o un profeta cristiano; in Paolo indica anche il carisma della profezia. Profetes non significa colui che predice, bensì colui che parla a nome di un altro (Dio).

Antico Testamento

Si può certamente iniziare questa sezione citando un passo del Nuovo Testamento (NT) ed esattamente Ebrei 1:1: «Dio… aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti…». Fin dal principio sono stati presenti tali uomini. Già Abramo è un profeta (Genesi 20:7) perché Dio lo chiama affinché mostri alla sua discendenza il sentiero di Yahweh (Genesi 18:17-19). Il testo di Esoso 7:1,2 ci aiuta a comprendere la funzione del profeta. In questo testo Mosè è chiamato in senso traslato Elohim (Dio) e Aronne suo naby’, e il v. 2 spiega che Aronne ha il compito di trasmettere a Faraone ciò che gli dirà Mosè.

Mosè è detto il più grande tra i profeti e dovrà avere dei successori (Deuteronomio 34:10). Ma al tempo dei Giudici «la parola di Dio era rara e le visioni non erano frequenti» (1 Samuele 3:1). Ciò nonostante compaiono la profetessa Debora (Giudici 4) e altri due profeti difensori dell’ordinamento morale-religioso (Giudici 6:8; 1 Samuele 2:27 ss). Partendo da Samuele avremo una serie di profeti che non si interrompe più fino a dopo l’Esilio. Questi uomini suscitati da Dio ebbero il compito di ricordare al popolo le vie del Signore: il rilassamento religioso aveva condotto all’abbandono della santa legge di Dio. La vita religiosa si era ridotta ad un freddo ritualismo cui si accompagnavano la disobbedienza e l’immoralità. I profeti elevarono la loro protesta ricordando al popolo le vere priorità e l’obbedienza ai comandamenti di Dio.

I profeti si sogliono dividere in profeti scrittori e non scrittori, in profeti preesilici e post-esilici.

Nell’ultimo periodo dei Giudici sorsero in Israele dei gruppi religiosi conosciuti col nome di «figli dei profeti» che possono considerarsi come scuole di formazione religiosa. In un certo qual modo i «figli dei profeti» mantennero vivo in Israele uno spirito di fervore religioso. Comunque essi furono gli entusiasti difensori della religione di Yahweh contro l’infiltrazione dell’idolatria; presero parte anche attivamente alla vita politica del loro paese. Tra questi troviamo personalità di spicco, come Nathan, Micaiah ben Imla, Elia ed Eliseo. Queste figure costituirono un anello di passaggio al profetismo classico rappresentato dai profeti scrittori.

A partire dal 750 a.C. circa il mondo palestinese fu sconvolto dalle invasioni dei grandi imperi del nord, prima l’Assiria poi Babilonia. In tali frangenti i «figli dei profeti» continuarono a vedere la causa di Yahweh legata alle istituzioni: la monarchia e il Tempio, mentre una nuova linea profetica vi si opponeva classificando i «figli dei profeti» come falsi profeti; erano le figure di Amos, Osea, Isaia, Geremia, ecc. Questi profeti non ebbero paura di opporsi allo stesso ambiente religioso da cui provenivano, si considerarono la bocca di Dio e nel suo nome vegliarono sul popolo.

Vocazione e messaggio del profeta. «Il Signore Yahweh parla, chi non profetizzerà?» (Amos 3:8); la vocazione è uno degli elementi caratterizzanti della vita del profeta. Geremia è stato consacrato fin dal seno materno (Geremia 1:5) e dice di essere stato sedotto da Dio (20:7 ss); Ezechiele sente che la mano dell’Eterno è forte su di lui (Ezechiele 3:14). La chiamata risveglia nel profeta la consapevolezza della sua debolezza (Geremia 1:6) e del suo peccato (Isaia 6:5). La vocazione introduce sempre ad una missione di cui è strumento la bocca stessa del profeta che pronuncerà la parola di Dio (Geremia 1:9; 15:19; Isaia 6:6 ss).

La trasmissione del messaggio avviene non solo mediante la parola, ma anche attraverso il gesto (Geremia 28:10; 51:63,64; Ezechiele 3:24-5:4). Alcuni di questi atti simbolici hanno un effetto immediato: acquisto di un campo (Geremia 32), infermità e angosce (Ezechiele 4:4-8; 12:18). La vocazione influisce persino sulla vita coniugale come nel caso di Osea. Nel periodo dell’Esilio questi segni diventano negativi, come il celibato di Geremia (16:1-9) e la vedovanza di Ezechiele (24:15-27). I profeti si trovarono spesso in situazioni angosciose come nel caso di Elia che fugge e chiede a Dio che lo faccia morire (1 Re 19:4). La morte comunque doveva essere messa in preventivo (1 Re 18:4; Geremia 26:20-23); Gesù stesso lo rammentò: «Gerusalemme, Gerusalemme che uccidi i profeti…» (Matteo 23:37). La morte veniva quasi vista come il corollario del ministero del profeta dal profeta: si apriva così la strada alla missione del Servo di Yahweh.

Ispirazione e rivelazione. In momenti particolari nei quali il profeta era in contatto con Dio, lo Spirito del Signore gli parlava e gli suggeriva le parole, tanto che Davide afferma: «Lo spirito del Signore parla in me, la sua parola è sulla mia lingua» (2 Samuele 23:1,2). Certo che la comunicazione dello Spirito avviene in modo oscuro e tanto più l’ispirazione; esse sono rese conoscibili solo dalla «parola». Bisogna riconoscere però che l’ispirazione non è una spinta che agisce in modo capriccioso; vi era una certa costanza nell’ispirazione attraverso la quale ci si poteva richiamare al passato; le parole scritte da Mosè nel Pentateuco erano considerate valide ed attuali e venivano citate dai profeti delle successive generazioni. I profeti citavano anche profeti anteriori, infatti il profeta Geremia cita Michea (26:18). Ogni ispirazione viene dalla volontà di Dio e si manifesta attraverso sogni e visioni, ma nella maggior parte dei casi non viene neanche accennato il modo della rivelazione e si usa semplicemente l’espressione simbolica: «Metto le mie parole nella tua bocca» (Geremia 1:9).

Bisogna escludere che si tratti di intuizione o di risultati di ragionamenti umani; la rivelazione di Dio è sempre qualcosa che proviene dal di fuori. Tuttavia l’ispirazione non si sostituisce alla coscienza e alla conoscenza del profeta ridotto al ruolo di strumento passivo.

Funzioni e insegnamento. Un uomo di Dio deve sicuramente aver avuto molti modi per influenzare la vita del suo tempo. L’ufficio profetico non impegnava quotidianamente come quello del sacerdote o dello scriba. Nei primi tempi i profeti erano consultati per questioni riguardanti la vita di tutti i giorni (a Samuele fu chiesto dal servo di Saul come trovare gli asini del suo padrone). Inoltre essi elencavano a preservavano gli avvenimenti storici nazionali (1 Cronache 29:29), non per un semplice rigore storico, ma piuttosto per poter insegnare ad Israele le lezioni dal suo passato e attualizzarle nella loro vita al presente.

Il compito più importante affidato al profeta era quello di servire come maestro di profonda morale e religiosità, insegnando ai contemporanei i doveri del momento e come applicare i princìpi religiosi nella vita di tutti i giorni. Mentre trasmetteva il messaggio egli annunciava anche avvenimenti che si sarebbero dovuti realizzare nel futuro (predizioni); tali annunci formavano parte di tutto il suo messaggio.

L’insegnamento morale era per i profeti fondamentale, anche se ufficialmente essi non erano degli espositori in senso tecnico della «legge». Per la rivelazione che era loro stata data, essi parlavano con autorità opponendosi spesso all’insegnamento convenzionale. La bellezza della vita morale sulla quale essi insistevano non era inculcata come un codice, era bensì proposta come un santo servizio reso a Dio. Il loro insegnamento non si svolgeva solo nell’ambito etico-morale, ma anche in quello puramente teologico. I profeti sono stati dei forti difensori del monoteismo. Era quindi inevitabile che degli uomini così fortemente impegnati a dichiarare la volontà di Dio, non avessero anche un chiaro messaggio di speranza, pure se rivolto al futuro. Queste prospettive di una felicità nazionale si raccolsero intorno al termine Messia (unto) usato per designare il liberatore attraverso il quale si sarebbero realizzate le glorie dell’età futura.

Falsi profeti. Troviamo nell’AT gruppi e individui i quali trasmettevano dei messaggi in contrasto coi messaggi dei veri profeti in Israele. Costoro pretendevano di essere stati inviati da Dio e da qualche altra divinità, ma i loro messaggi erano in contrasto con la volontà di Dio. Era facile distinguere coloro i quali invocavano i nomi di altre divinità (Geremia 2:8; 23:13; 26:27), ma essi potevano anche invocare il nome di Yahweh (Geremia 23:17,25).

Un utile elemento per smascherare i falsi profeti poteva essere il loro carattere morale (Geremia 23:14), ma era tuttavia un elemento che aveva i suoi limiti, perché nessun profeta era perfetto e senza peccato se non Gesù solo. Se si trattava di una predizione in senso stretto, questa doveva realizzarsi (Deuteronomio 18:22); certo, molte profezie dell’AT non erano specifiche e di immediata realizzazione. Il criterio più consistente per valutare i profeti era la loro aderenza al messaggio di Dio già rivelato. Anche se un evento predetto si fosse realizzato, qualora successivamente il profeta avesse indotto ad andare contro la volontà di Dio, doveva essere considerato falso (Deuteronomio 13:1-3). Negli scritti del NT troviamo altri due elementi che devono essere menzionati a questo proposito: si tratta di una parola di Gesù in Matteo 7:15-23 dove si fa esplicito riferimento ai «frutti» del presunto profeta (cioè alle sue opere) quale elemento di verifica. L’altro elemento lo troviamo in 1 Giovanni 4:1-3, dove si incoraggia i credenti a mettere alla prova coloro i quali dicono di possedere il dono profetico per vedere se confessano che Gesù Cristo è venuto in carne.

Le profezie. L’opera dei profeti doveva ricordare continuamente al popolo le grandi opere di Dio nel passato per rinforzare la fede dei credenti su ciò che Egli avrebbe potuto fare nell’avvenire. « Ricordate il passato, le cose antiche: perché io sono Dio… che annuncio la fine fin dal principio, e molto tempo prima predico le cose non ancora avvenute» (Isaia 46:9,10).

In modo esplicito il Dio d’Israele afferma di essere riconoscibile proprio dalla sua capacità di rivelare il futuro con largo anticipo… nella Bibbia infatti troviamo non poche profezie. Alcuni studiosi hanno calcolato che le predizioni occupano circa un quarto di tutto il testo biblico. Male profezie non sono state date per soddisfare la curiosità né tanto meno per impressionare, esse sono state trasmesse per sviluppare la fede ed alimentare la speranza.

«Quando il profeta parlerà in nome dell’Eterno e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che l’Eterno non ha detto» (Numeri 18:22). Il criterio per verificare l’autenticità di una predizione consiste dunque nel suo adempimento. Si potrebbero citare tantissime profezie trasmesse dai profeti e poi realizzatesi regolarmente, malo spazio non lo consente. Tra le tante ricorderemo almeno le cosiddette «profezie messianiche», cioè quei riferimenti espliciti o velati a Gesù Cristo che troviamo nell’AT. Le profezie messianiche dell’AT sono numerose e non potendole ricordare tutte, citeremo le più significative riportandone i testi.

Profezie messianiche e come si sono adempiute

ProfeziaAdempimento Predizione
Nato dalla stirpe di DavideMatteo 1:1 Geremia 23:5,6
Nato a BetleemMatteo 2:1 Michea 5:1
Nato da una vergineMatteo 1:18-26 Isaia 7:14
Chiamato EmanueleMatteo 1:21-23 Isaia 7:14
Adorato dai principiMatteo 2:1-11 Salmo 72:10-12
Unto dallo Spirito SantoMatteo 3:16 Isaia 11:1,2
Avrebbe fatto guarigioni miracoloseMatteo 11:4,5 Isaia 35:5,6
Sarebbe odiato dai guideiGiovanni 15:25 Salmo 69:4
Sarebbe tradito da un discepoloGiovanni 13:18 Salmo 41:9
Venduto per 30 sicli d’argentoMatteo 26:14,15 Zaccaria 11:12
Avrebbe sofferto per i peccati del popoloMatteo 20:28 Isaia 53:4
Mani e piedi sarebbero stati foratiGiovanni 20:25 Salmo 22:16
Spartite e divise le sue vestiMatteo 27:35 Salmo 22:18
Nessun osso sarebbe stato rottoGiovanni 19:33,34 Esodo 12:46 (Salmo 34:20)
Sepolto col riccoMatteo 27:57-60 Isaia 53:9
Risorto dai mortiAtti 2:24-31 Salmo 16:10

Ricordiamo anche le profezie del libro di Daniele che continuano a stupirci per la loro precisione cronologica (cfr. le 70 settimane di anni e le 2.300 sere e mattine).

I Giudei riconobbero che durante il periodo intertestamentario la profezia si era spenta in Israele, ma sperarono in un rinnovamento dello spirito profetico nell’età messianica. Secondo Giuseppe Flavio il periodo dei profeti finì intorno al tempo di Artaserse nel V sec. a.C. (Contra Apionem, 1.8.40).

Nuovo Testamento

Il termine profeta nel NT sta a indicare diverse cose:

a) il profeta dell’AT;

b) Giovanni Battista (considerato il profeta escatologico atteso che precede la missione del Messia e a lui rende testimonianza);

c) Gesù Cristo (di solito chiamato in questo modo dal popolo; per il NT Gesù è più che profeta, perché Egli non solo annuncia la salvezza, ma ne dà l’avvio. È profeta nel senso di Deuteronomio 18:15);

d) profeti cristiani (credenti che avevano ricevuto il dono di profezia).

Il NT identifica Isaia come profeta e lo cita 25 volte, considera Samuele come uno dei primi profeti e fa riferimento ad altri profeti come: Davide, Eliseo, Geremia, Daniele, Giona, Gioele. Altri libri profeti ci dell’AT sono citati senza che ne sia menzionato esplicitamente l’autore.

I primi riferimenti ad avvenimenti profetici nel NT li troviamo nei racconti dell’infanzia di Luca. Elisabetta, ripiena dallo Spirito, profetizza riguardo a Maria e al bambino che le deve nascere (Luca 1:15,41- 45). Zaccaria profetizza nel momento in cui deve porre il nome al figlio. Simeone profetizza quando Gesù viene portato al Tempio per la purificazione della mamma e la sua presentazione.

Nel libro degli Atti troviamo diverse persone che profetizzano: Agabo (11:28; 21:10), le figlie di Filippo (21:9), Giuda e Sila (15:32). Questa diffusione del dono di profezia è messa in relazione con la discesa dello Spirito Santo sui credenti. Quindi la chiesa primitiva ebbe i suoi profeti. Secondo ciò che afferma l’apostolo Paolo, i ministeri istituiti da Dio sono in primo luogo l’apostolato e subito dopo viene il profetismo. Secondo le affermazioni di 1 Corinzi 14: la profezia ha lo scopo di esortare, edificare, consolare. Lo stesso Paolo afferma che un giorno le profezie scompariranno (1 Corinzi 13:8), però questo accadrà alla fine dei tempi. Ora la chiesa viene edificata su fondamento degli Apostoli e dei profeti (Efesini 2:20), essendo Gesù stesso la pietra angolare. I santi Apostoli di Gesù erano anche profeti (Efesini 3:5). Nel libro dell’Apocalisse pure troviamo questo tipo di sostituzione degli Apostoli coi profeti. L’autore considera se stesso un profeta (22:9), possiamo quindi dedurre anche da questo libro il concetto di profeta. Al profeta vengono svelati attraverso Gesù Cristo, i piani di Dio (1:1). Il profeta ha delle visioni, egli consola ed esorta (lettere alle chiese), la sua è una parola autorevole (22:18-21).

Gli scrittori del NT sono coscienti di dare compimento alle promesse dell’AT. In modo particolare vengono sottolineate le profezie messianiche e vengono accostate ad alcuni tratti della vita di Cristo. Ma Gesù stesso non applica alla sua persona il titolo di profeta se non incidentalmente in Michea 13:57; saranno le folle che gli attribuiranno questo titolo vedendo appunto i segni e i miracoli che accompagnavano il suo ministero. La personalità di Gesù supera tutti i tratti della tradizione profetica: Egli è il Messia è il Servo di Dio, il Figlio dell’uomo. L’autorità che riceve dal Padre è anche sua, è quella del Figlio che è in cima alla serie di tutti i profeti (Ebrei 1:1,2). Egli è la Parola di Dio fatta carne (Giovanni 1:14).

I profeti dicevano: «Oracolo di Yahweh… » Gesù dice: «In verità in verità io vi dico». La sua missione e la sua persona non possono essere considerate alla stregua di un profeta ordinario: Egli è il Profeta per eccellenza. Quale dei profeti si sarebbe mai presentato come la sorgente della verità e della vita?

Attualizzazione

Dio ha sempre cercato di comunicare con l’uomo, anche attraverso i profeti. Questi sono stati degli uomini di Dio che hanno cercato di trasmettere ai loro simili ciò che Dio aveva loro rivelato. Non sempre sono stati compresi, ma essi sono stati pronti a rischiare anche la vita pur di portare avanti la causa del Signore. Le profezie messianiche hanno avuto la loro piena realizzazione nella figura di Gesù di Nazareth, che ha costituito un nuovo Israele. Questo nuovo popolo ha avuto anch’esso bisogno della guida profetica. Uomini ispirati dallo Spirito del Signore hanno trascritto la sua volontà negli scritti del NT. La Chiesa apostolica e post-apostolica fino ad oggi ha ricevuto dallo Spirito di Dio il dono della profezia, una guida particolare in piena armonia con la rivelazione biblica, con precise mansioni all’interno della comunità come viene precisato nelle epistole paoline. Crediamo fermamente che Dio continui ad assistere il suo popolo e a sostenerlo attraverso questo dono fino a quando Gesù ritornerà dal cielo e lo ricondurrà al Padre. Allora potremo contemplare il carattere di Dio, e Dio stesso starà in mezzo agli uomini (Apocalisse 21:3). In questo contesto non sentiremo più bisogno della guida profetica.

Bibliografia

CORDERO, M.G., voce «Profeta» in Enciclopedia della Bibbia, LDC, Leuman, 1971.

TESTA, E., Il Profetismo e i profeti (Il messaggio della salvezza), LDC, Leuman,1977.

SPIRITO DI PROFEZIA

di Franco Mosca

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Tra tutti i doni spirituali Paolo dà particolare preminenza al dono di profezia. Questo dono è menzionato subito dopo quello dell’apostolato. Gli Apostoli infatti svolgono un ruolo particolare per l’edificazione della chiesa. La cristianità ha conosciuto cristiani dotati del dono di profezia; tali cristiani erano considerati segni della presenza dello Spirito.

La profezia appare nella chiesa sia come manifestazione occasionale in alcuni membri delle prime comunità, sia come attività specifica di alcuni ai quali è riconosciuto «il dono di profezia» (1 Corinzi 13:2) come ministero continuo. Essi potevano esercitare il loro ministero nell’ambito di una comunità oppure di una intera regione. Secondo alcuni il ministero dei profeti si è concluso con la morte degli Apostoli.

È possibile provare tale affermazione con la Scrittura? A questo proposito citiamo la profezia di Gioele 2:28-31: «E dopo questo avverrà che io spanderò il mio Spirito sopra ogni carne, e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profetizzeranno, i vostri vecchi avranno delle visioni. E anche sui servi e sulle serve spanderò in quei giorni il mio Spirito. E farò dei prodigi nei cieli e sulla terra:; sangue, fuoco e colonne di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre, e la luna in sangue prima che venga il grande e terribile giorno dell’Eterno».

Secondo l’apostolo Pietro questa profezia fu adempiuta il giorno di Pentecoste (Atti 2:15-20). Ma sorge la domanda: Fu adempiuta totalmente, oppure dobbiamo aspettarci ancora un adempimento più completo? Se alla Pentecoste sappiamo ci furono insolite manifestazioni dello Spirito Santo, non ci furono però fenomeni fisici in cielo (sole oscurato, luna di sangue) come sono invece menzionati in Gioele. Questi segni apparvero diversi secoli più tardi. Il libro dell’Apocalisse (6:12-17) riporta certi avvenimenti che si verificano col sesto suggello: un terremoto potente seguito da segni nei cieli. Anche se non troviamo in questo testo alcun riferimento all’effusione dello Spirito su ogni carne, ai sogni e alle visioni, l’oscuramento del sole e la luna divenuta come di sangue sono proprio quelli menzionati da Gioele. Come Avventisti crediamo che questi segni particolari si siano cominciati a realizzare da due secoli a questa parte, mentre l’ultimo dei segni menzionati col sesto suggello deve ancora verificarsi, si tratta del ritorno di Cristo descritto dai vv. 14 a 17. Sulla base di quanto finora detto la profezia di Gioele 2:28-31 iniziò il suo finale e completo adempimento con questi segni collegati col sesto suggello. La discesa dello Spirito su ogni carne e la manifestazione dello spirito di profezia si verificherà nello spazio di tempo che intercorre tra questi segni e il ritorno di Gesù Cristo. Il testo di Apocalisse 19:10: «Perché la testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia», collega l’espressione «spirito della profezia» con l’altra espressione «testimonianza di Gesù». Questa seconda espressione la ritroviamo ben 6 volte nell’Apocalisse, e dal testo greco potrebbe essere spiegata in due modi:

  1. La testimonianza che i cristiani danno riguardo a Gesù.
  2. La testimonianza che è iniziata con Gesù ed è rivelata alla sua chiesa attraverso i profeti. Il paragone col testo di Apocalisse 19:10 favorisce chiaramente la seconda interpretazione, il che significa che Gesù sta testimoniando alla chiesa tramite la profezia. Per rafforzare ancora questa stretta relazione si può considerare Apocalisse 19:10 in parallelo con Apocalisse 22:9. Apocalisse 19:10: «Io sono tuo conservo e dei tuoi fratelli che serbano la testimonianza di Gesù». 22:9: «Io sono tuo conservo e dei tuoi fratelli i profeti».

Da quanto detto risulta che queste due espressioni dell’angelo sono parallele; coloro i quali hanno la testimonianza di Gesù sono identificati con i profeti. Dal momento che l’opera distintiva dei profeti è quella di trasmettere un messaggio di Gesù al popolo, l’interpretazione che la testimonianza di Gesù si riferisca alla «testimonianza» che Gesù reca alla chiesa è provata in modo abbastanza chiaro.

Tra i doni spirituali che secondo l’apostolo Paolo la chiesa deve possedere c’è anche quello di profezia (1 Corinzi 12:28; Efesini 4:8-15). Questi doni servono «per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo» (Efesini 4:12) fino a che tutto arrivi alla piena maturità spirituale in Cristo. Paolo non dice che dopo un certo tempo non ci sarebbero più stati questi doni. Quindi non dobbiamo sorprenderci se il dono di profezia continua ad accompagnare la chiesa.

Come popolo avventista crediamo, sulla base degli elementi addotti, che il dono di profezia si è manifestato in seno alla chiesa del rimanente; «e il dragone si adirò contro la donna e andò a far guerra col rimanente della progenie d’essa, che serba i comandamenti di Dio e ritiene la testimonianza di Gesù» (Apocalisse 12:17). Questo dono si è manifestato all’interno della Chiesa Avventista nel ministero svolto da E.G. White. Accettiamo i suoi scritti come procedenti dal dono profetico, ma non come sostituzione né tanto meno come aggiunta alla Bibbia.

Bibliografia

White, E.G., La mia vita, Edizioni ADV, Firenze, 2016.

La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010, capitoli 17 e 18.

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