Buone Notizie #21

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

DECIMA

di Ivo Fasiori

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Ebraico: ma’aser da ‘eser = 10; greco: dekàthe da deka = 10.

Il termine ma’aser è usato 32 volte nell’Antico Testamento (AT) (ma in due casi, cioè Ezechiele 45:11,14 ha il senso di «un decimo di» e non indica la decima); il verbo corrispondente ‘asar (prelevare la decima, dare la decima) è usato 9 volte. Nel Nuovo Testamento (NT) il termine dekàthe è presente 4 volte (Ebrei 7:2,4,8,9) e i verbi corrispondenti dekàtoô e apodekâtoô sono presenti rispettivamente 2 (Ebrei 7:6,9) e 4 volte (Matteo 23:23; Luca 11:42; 18:12 e Ebrei 7:5).

La decima nell’antichità

L’istituzione della decima era conosciuta in moltissime civiltà antiche; il testo più antico fino ad oggi conosciuto al riguardo proviene dalla Mesopotamia ed è del tempo di Re Shulgi di Ur (la patria di Abramo!) che regnò dal 2094 al 2047 a.C. Il testo dice: «540 pecore, 44 becchi; di questi animali è stata prelevata la decima».

La pratica era diffusa a Babilonia, in Siria, in Persia, in Egitto, nell’Arabia preislamica, in Grecia, a Roma, ecc. Si trova addirittura menzionata nei testi sacri della Cina. Nello Shih King (Il libro delle Odi, del VII-VIII sec. a.C.), decade VI, ode 7, troviamo: «Sono luminosi quei campi così estesi, dai prodotti dei quali viene prelevata la decima» (The sacred books of China, part. I, p. 370). Questa sorprendente diffusione ha fatto sì che alcuni studiosi abbiano ventilato l’ipotesi che l’istituzione della decima risalga al periodo anteriore la dispersione delle civiltà, avvenuta nell’episodio della famosa «torre di Babele».

Antico Testamento

La decima viene menzionata per la prima volta nell’episodio di Abramo e Melchisedec (Genesi 14:18-20). L’antichità dell’istituzione è stata provata anche dalle tavolette scoperte che risalgono a prima di Abramo! (vedi sopra).

Inseguito troviamo l’episodio di Giacobbe (Genesi 28:19-22) e quello interessante di Giuseppe in Egitto (Genesi 41:34-36): Giuseppe suggerisce a Faraone di prelevare, nei 7 anni di abbondanza un quinto del raccolto (una doppia decima!) in modo da avere riserve peri 7 anni di carestia e anche perché a causa di quest’ultima la decima non avrebbe potuto essere data. La pratica della decima in Egitto è conosciuta anche da altre fonti. Al tempo di Mosè, le decime che gli Israeliti restituivano a Dio come cosa consacrata a Lui (Levitico 27:30), vengono assegnate dal Signore ai Leviti, perché non avevano avuto nessuna eredità in Israele e si dedicavano a pieno tempo al servizio del Tempio; i Leviti a loro volta davano una decima della decima ai sacerdoti (i Leviti discendenti di Aaronne) come risulta da Numeri 18:20-28.

La decima veniva prelevata probabilmente una volta l’anno e doveva essere portata al tempio di Gerusalemme (Deuteronomio 14:22,23). Se l’Israelita aveva bisogno dei prodotti della decima per qualsiasi motivo (ad esempio del grano per la semina) poteva «riscattare» la decima cambiandola con denaro, ma aggiungendo un quinto del suo valore (Levitico 27:31).

Da Deuteronomio 14:22-29 e 26:12 risulta poi che gli Israeliti restituivano anche una seconda decima che veniva usata per un banchetto di ringraziamento a Dio, al Tempio, al quale venivano invitati i Leviti e i poveri.

In caso di difficoltà a trasportare questa decima a Gerusalemme (soprattutto gli animali) si poteva cambiare in denaro senza aggiungere nulla (Deuteronomio 14:24,25). Il terzo e il sesto anno del ciclo sabatico la seconda decima veniva conservata in casa e devoluta per dar da mangiare al Levita, allo straniero, all’orfano e alla vedova (Deuteronomio 14:28,29).

Che i testi del Deuteronomio parlino di una seconda decima è avvalorato dalla versione dei LXX (prima traduzione greca dell’AT) che rende Deuteronomio 26:12 con: «Quando avrai finito di prelevare tutta la decima dei prodotti della tua terra nel terzo anno, darai la seconda decima…».

Altre testimonianze extrabibliche (Tobia 1:6-8; Targum, ecc.) parlano addirittura di tre decime (la terza decima sarebbe stata versata solo il terzo e il sesto anno dei ciclo sabatico), ma ciò è discutibile.

È interessante notare che nei testi posteriori la decima viene sempre menzionata in periodi di apostasia di Israele a cui fa seguito una decisa riforma:

1) al tempo di re Ezechia (716/15 – 687/86) fu attuata una decisa riforma e una delle cose ristabilite fu proprio la decima (2 Cronache 31:1-12, soprattutto i vv. 5,6,12).

2) Al tempo di Nehemia (verso il 440 a.C.) si parla ancora di apostasia e di riforma, menzionando anche la decima (vedi 10:29,37,38; 12:44-47 e 13:10-12).

3) Al tempo di Malachia (verso il 430 a.C. l’infedeltà era totale (vedi 1:7,8,13,14; 2:1,2,8,9 e riguardo alla decima: 3:7-10).

Nuovo Testamento

Nel NT i testi che parlano esplicitamente della decima sono pochi: troviamo la parabola del Fariseo e del Pubblicano (Luca 18:9-14), nella quale il primo si gloria delle sue opere dicendo (al v 12): «Offro al tempio la decima parte di quello che guadagno» ( = delle mie entrate; versione TILC; la traduzione della Riveduta «di tutto quel che posseggo» non è corretta!). Viene poi l’unico testo del NT che esplicitamente sanziona la decima: Matteo 23:23 (parall. Luca 11:42), in cui Gesù corregge gli Scribi e i Farisei, perché erano minuziosissimi al riguardo della decima, ma trascuravano le cose più importanti, «queste son le cose che bisognava fare, senza trascurare le altre». Il testo di Ebrei 7:1-10 non dice niente. È chiaro che la situazione dei cristiani dell’epoca del Nuovo Testamento è del tutto particolare: da una parte essi sono legati al Tempio e alla Sinagoga, dall’altra sono coscienti che con la venuta di Gesù è iniziata una nuova èra! In questa situazione è plausibile che essi abbiano continuato per un certo periodo a versare la decima ai sacerdoti del Tempio anche se ad essa si affiancò a poco a poco un sistema amministrativo autonomo delle comunità cristiane.

Gli Atti ci informano (4:32) che la comunità di Gerusalemme ha praticato per i primi anni, un economato totale: tutti i beni venivano consacrati a Dio e usati per la comunità e l’evangelizzazione. Col passare degli anni però, a mano a mano che si approfondiva il ruolo e la funzione della chiesa rispetto ad Israele, si iniziò a riflettere sul significato delle leggi dell’AT per i cristiani e si arrivò a dare tutto il peso dovuto alla dichiarazione di Gesù in Matteo 23:23 e a comprendere appieno la validità del principio della decima nel nuovo patto. D’altronde Gesù stesso (vedi Luca 10:7 e Matteo 10:10) parlando dei discepoli e del loro sostentamento, aveva utilizzato l’espressione «l’operaio è degno della sua mercede» che è ripresa (come concetto) da Numeri 18:31, dove si parla delle decime date ai Leviti in contraccambio del loro servizio nel Tempio. Questo detto viene ampiamente commentato da Paolo in 1 Corinzi 9:1-14 dove è chiara l’equivalenza tra coloro che predicano l’evangelo a pieno tempo e i Leviti (vedi vv. 13,14). Anche se Paolo a volte ha rinunciato a questo diritto (2 Corinzi 11:7), però il principio rimane (2 Tessalonicesi 3:9). Quindi, anche se evidentemente i cristiani non ammettevano più la distinzione dell’AT tra «clero» e «laicato», ma accettavano il sacerdozio universale, tuttavia è chiaro che il principio della decima cominciò ben presto a venir applicato a beneficio di coloro che predicavano l’evangelo e si occupavano delle comunità (forse già in 1 Timoteo 5:17,18, che cita Luca 10:7). Il primo testo chiaro in tal senso si trova al di fuori della Bibbia, in uno dei più antichi scritti cristiani, la didachè (o «Insegnamento dei 12 Apostoli) dell’inizio del II secolo. In esso (XIII: 1-4) troviamo:

«Ogni vero profeta che vuole stabilirsi presso di voi è degno del suo nutrimento (cit. di Matteo 10:10), così pure il vero dottore è degno, come l’operaio, del suo nutrimento. Prenderai perciò le primizie di tutti i prodotti del torchio e della messe, dei buoi e delle pecore e li darai ai profeti, perché essi sono i vostri sommi sacerdoti. Se però non avete un profeta date ai poveri» (AA.VV., Padri Apostolici – Antologia, Alba, 1965, pp. 59,60).

Anche se il testo parla di «primizie» date ai «profeti» gli studiosi sono d’accordo nel riconoscere che qui il termine equivale a «decime» per il tipo di linguaggio usato che ricalca quello dell’AT per la decima (vedi Numeri 18:30 e Levitico 27:32 entrambi nella versione dei LXX).

Storia della chiesa

Moltissimi testi dei primi secoli testimoniano dell’applicazione del principio della decima a tutte le comunità cristiane. La Didascalia Apostolorum (dell’inizio del III sec.) dice, tra l’altro: «Metti da parte le offerte, le decime e le primizie per il Cristo, vero Sommo Sacerdote, e per i suoi ministri, (soprattutto) le decime salutari» (9,26,1; La Didascalie des douze apôtres traduite du syriaque, éd. par F. Nau, Paris, 1912, p. 85).

San Gerolamo (340-420), il famoso traduttore della Bibbia in latino afferma (commentando il significato della parola kleros): «E se io sono la parte del Signore e la porzione della sua eredità, non ricevo nemmeno una parte tra le altre tribù, ma come un Levita e sacerdote vivo delle decime e, servendo all’altare, sono nutrito dall’offerta dell’altare» (Epistola LII, 5, Ad Nepotianum, in MIGNE, PL 22, col. 531).

Nel 585 troviamo il primo concilio (il secondo Concilio di Macon) che sancisce la scomunica contro coloro che non rendevano la decima alla chiesa. Dopo di esso molti altri concili si occuparono del precetto che divenne anche una legge civile sotto Carlo Magno. Più tardi i Riformatori protestarono contro gli abusi della chiesa a riguardo dell’esazione delle decime, e la chiesa reagì, nel Concilio di Trento, rinnovando la scomunica contro coloro che non restituivano la decima. Il testo si trova nel decreto «De reformatione generali», della sessione XXV (3-4 Dicembre 1563), al capitolo 12: «Non si devono sopportare coloro che in vari modi macchinano di sottrarre le decime che spettano alle chiese… poiché il pagamento della decima è dovuto a Dio e coloro che non vogliono darla o impediscono coloro che la danno si impadroniscono di cose altrui. Pertanto il Santo Sinodo comanda a tutti coloro, di qualsiasi grado o condizione siano, a cui spetta il pagamento della decima, che paghino completamente, per l’avvenire, quella decima a cui sono tenuti di diritto… e coloro che sottraggono o impediscono la decima siano scomunicati e non siano assolti da questo crimine, se non segue una piena restituzione» (Conciliorum Oecumenicorum decreta, Bologna, 1973, p. 792).

Però, col passare dei secoli, la decima cominciò ad essere abolita nelle varie nazioni (la prima a farlo fu la Francia durante la Rivoluzione il 4 agosto 1789) e fu dimenticata. Recentemente il Concilio Vaticano II, ha riproposto ai fedeli i principi dell’«economato cristiano», ad esempio nel decreto sull’«apostolato dei laici», del 18 novembre 1965, si dice: «È infatti un dovere e un onore per i cristiani restituire a Dio parte dei beni da lui ricevuti» (Apostolicam actuositatem, III, 10 c). Inoltre, il Concilio ha ripreso i principi biblici a proposito del sostentamento dei predicatori: «I presbiteri si dedicano completamente al servizio di Dio… è logico pertanto che siano equamente retribuiti, dato che l’operaio ha diritto alla sua paga (Luca 10:7) e il Signore ha disposto che coloro i quali annunciano il Vangelo vivano del Vangelo (1 Corinzi 9:14). In base a ciò, se non si provvede in un altro modo a retribuire equamente i bresbiteri, sono i fedeli stessi che vi devono pensare» (Decreto «Presbyterorum Ordinis», III, 20 a).

Su queste basi, in varie parti del mondo, soprattutto in Sud America, si sta reintroducendo nella Chiesa cattolica il principio della decima.

La decima nell’Antico Testamento

  1. Conosciuta molto prima di Mosè:
  • Genesi 14:18-20 (Abramo);
  • Genesi 28:19-22 (Giacobbe);
  1. Regolamentata al tempo di Mosè come riconoscimento della sovranità di Dio su ogni cosa:
  • Levitico 27:30. La decima appartiene a Dio;
  • Numeri 18:20-26. Destinata ai Leviti; i Leviti davano la decima della decima ai sacerdoti;
  • Deuteronomio 14:22-29. Gli Israeliti davano anche una seconda decima, usata per un banchetto di ringraziamento e per beneficenza.
  1. Malachia 3:8-10. Il profeta presenta il messaggio di avvertimento di Dio contro l’apostasia di Israele.

La decima nel Nuovo Testamento

  1. Matteo 23:23 (Luca 11:42). Gesù l’approva anche se dà la priorità al valori interiori.
  1. Luca 10:7; 1 Corinzi 9:1-14; 2 Tessalonicesi 3:9. I predicatori del Vangelo vengono assimilati (simbolicamente) al Leviti e quindi si comincia ad applicare la decima come ai tempi dell’AT.
  1. Atti 4:32; Galati 6:6. Il seguace di Cristo sa che la decima rappresenta solo il minimo richiesto da Dio per riconoscere la sua sovranità, in realtà egli deve essere pronto a consacrare tutto all’Eterno.

Bibliografia

Non esistono, in italiano, monografie sulla decima nella Bibbia. Potrà essere utile leggere l’articolo «Decima» in: Enciclopedia Cattolica, vol. 4, Città del Vaticano 1950, coll. 1269-1273; Enciclopedia Italiana (Treccani), vol. 12, Roma, 1931, pp. 460-461.

Sulla storia della decima dal II al VI secolo si potranno consultare 2 articoli (il primo è in francese): Ivo FASIORI, «La dîme du début du deuxième siècle jusqu’a l’édit di Milano (313)», in Lateranum ns 49 (1983), pp. 5-24; Ivo FASIORI, «Storia della decima dall’editto di Milano (313) al secondo Concilio di Macon (585)», in Vetera Christianorum, 23 (1986), pp. 39-61.

Infine, per la decima nel diritto romano ed ecclesiastico si può consultare la voce «Decime» in Novissimo digesto italiano (diretto da A. Azara – E. Eula), vol. 5, Torino, 1957, pp. 257-268.

ECONOMATO (CRISTIANO)

di Enrico Long

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

(adattamento di Silvia Vadi delle parti in blu)

1 Corinzi 4:1: il termine «economo», dal greco oikonomoi = gestore, amministratore, era usato per designare l’ufficio del servitore (schiavo o libero) incaricato di curare i beni materiali del padrone. Si trattava di un ufficio di grande responsabilità: vedi l’esperienza di Giuseppe in casa di Potifare: Genesi 39:4,5,8,9 e la parabola dell’economo infedele: Luca 16:1-13.

1 Pietro 4:10: per analogia e fin dalla creazione, Dio, il Padrone dell’universo per diritto di creazione (Salmo 24:1,2) affida l’amministrazione della terra e dei suoi abitanti all’uomo: Genesi 1:26; 2:15. Per ricordare ad Adamo ed Eva che non erano i padroni del pianeta, Dio si riservò l’albero della conoscenza del bene e del male e quando questa restrizione venne dimenticata, Adamo ed Eva persero il privilegio di abitare nel giardino: Genesi 3:23,24.

Malgrado la separazione dovuta al peccato, Dio mantenne la natura fondamentale della relazione stabilita in Eden che fa di Lui il datore di ogni bene di cui gode l’uomo e di quest’ultimo il canale attraverso il quale le benedizioni divine si devono riversare sull’umanità: Romani 8:32; Giacomo 1:16,17.

In realtà, il peccato originale è proprio consistito nell’abuso di potere compiuto dall’uomo, su istigazione del serpente, che lo portò a voler diventare il padrone, a essere come Dio: Genesi 3:5. Da allora, è questa ribellione contro il Padrone dell’universo che è alla base di tutto il comportamento peccaminoso dell’uomo, per cui appena suscitato il popolo d’Israele Dio gli insegna con varie esigenze rituali a riconoscere in Lui il Padrone di tutti i beni di cui godeva, di tutte le messi che raccoglieva e di tutti gli animali che nascevano nelle sue greggi; l’annata agricola era caratterizzata da tre feste solenni durante le quali specifiche offerte venivano portate a Gerusalemme come riconoscimento del diritto di proprietà di Dio: Esodo 34:23,24.

  1. La Pasqua (Levitico 23:10-14): non una spiga del nuovo raccolto poteva essere mietuta prima che il cerimoniale indicato fosse compiuto da ogni capo famiglia.
  2. La Pentecoste o festa delle messi: Levitico 23:16-20.
  3. La Festa dei tabernacoli: Levitico 23:39,40.

La decima di tutte le entrate, nei campi e negli allevamenti, doveva essere messa da parte perché era da restituirsi al proprietario di ogni cosa che la usava per il servizio del tempio: Levitico 27:30,32; Numeri 18:21; Malachia 3:8-10. Si calcola che durante l’anno gli Israeliti offrivano a Dio circa il 25 % delle loro entrate, senza tuttavia impoverirsi per questo. Fu quando dimenticarono la parte di Dio e la loro dipendenza da Lui che, al tempo dei giudici, i raccolti vennero razziati dai loro nemici: Giudici 6:1-6.

Cristo ha dedicato varie parabole all’argomento dell’economato e della fedeltà nella gestione dei beni di Dio; quella riportata in Luca 12:16-21 fra le altre è significativa.

Nel NT il concetto di economato si estende a tutti i campi di gestione affidati all’uomo e che comprendono:

  1. la grazia di Dio: 1 Corinzi 4:1,2;
  2. il tempo ossia la vita: Giacomo 4:13-15; Salmo 90:10,12;
  3. i talenti: Matteo 25:14-30; 1 Corinzi 10:31;
  4. il corpo, la salute: 1 Corinzi 6:20; 3:16,17; Romani 12:1;
  5. i beni: Proverbi 3:9,10; 2 Corinzi 9:7.

Possiamo testimoniare uno stile di vita in cui mettiamo Dio al primo posto attraverso:

  1. la nostra obbedienza, con la santificazione del sabato (il settimo del nostro tempo): Esodo 20:8-11;
  2. la nostra onestà, con la restituzione della decima delle nostre entrate: Malachia 3:10;
  3. la nostra riconoscenza e il nostro amore, con la presentazione di offerte volontarie: Salmo 50:14,15; 2 Corinzi 8:1,2,5;
  4. la nostra fedele amministrazione dei beni rimasti a nostra disposizione e di cui non possiamo disporre come se ne fossimo i padroni! Luca 16:10-12.

I due grandi princìpi di gestione del cristiano sono:

  1. il senso di responsabilità che impedisce le decisioni affrettate e gli errori che si pagano cari e per qualsiasi spesa incita a sollecitare il consiglio di Dio e scegliere oculatamente i consigli umani;
  2. la facoltà di rendere conto (Romani 14:12) e la capacità di spiegare ragionevolmente il perché di tutte le decisioni prese.

L’economato cristiano è una filosofia di vita che, quando viene accettata col cuore, elimina ogni preoccupazione inutile, ogni concupiscenza dannosa, ogni stress deleterio per la salute e, in più, permette di toccare ogni giorno con mano la grande generosità di Dio e la assoluta fedeltà delle sue promesse: Matteo 6:19-34.

Bibliografia

La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010, cap. 21.

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