Buone Notizie #10

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

ANIMA

di Ivo Fasiori

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Ebraico: Néfesh, greco: Psyché.

Nel corso dell’esposizione saranno utilizzate le seguenti abbreviazioni:

TNM = Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, Roma 1986;

CEI = La Sacra Bibbia, Edizione Ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana, Roma 1983;

Riv. = La Sacra Bibbia, Versione Riveduta, a cura del Prof. G. Luzzi, Roma 1982;

AT = Antico Testamento;

NT = Nuovo Testamento;

TILC = Traduzione in italiano in lingua corrente.

Nell’AT il sostantivo Néfesh si trova 754 volte e il verbo nafash 3 volte. Nel NT il sostantivo psyché si trova 103 volte e l’aggettivo psychicòs 6 volte.

Antico Testamento. Il significato originario di néfesh è probabilmente gola, come in Salmo 69:1 (Riv. «Le acque mi son giunte fino all’anima», CEI «L’acqua mi giunge alla gola»), Salmo 124:4,5; Isaia 5:14, ecc. Da questo si passa al senso di respiro (vedi il verbo nafash in Esodo 23:12; 31:17 e 2 Samuele 16:14; la Riv. traduce con «prendere fiato» o «riposare») e quindi al significato di «essere vivente», «vita» (come in Genesi 2:7; 1 Samuele 19:11, Riv: = vita; lsaia 47:14, Riv. = vita, ecc.) che è quello basilare. Indi si trovano una serie di idee tutte legate con il concetto basilare di «vita». Ad esempio in Deuteronomio 12:23 il testo ebraico, parlando della carne, dice: «Guardati assolutamente dal mangiarne il sangue, perché il sangue è l’anima (ebraico hannàfesh) e tu non mangerai l’anima (ebraico hannéfesh) insieme con la carne».

Questa identificazione di «anima» con «sangue» si trova anche in Levitico 17:10,11,12,14. Molte volte «anima» designa semplicemente l’essere vivente con le sue passioni e le sue emozioni e spesso si può tradurre con un pronome personale (io, tu, egli, ecc.) vedi Salmo 107:9; 124:7; Isaia 46:2; Geremia 13:17; Genesi 27:4 (Riv.«L’anima mia ti benedica»; CEI «Io ti benedica»); Genesi 27:19 (Riv. «L’anima tua mi benedica», CEI «Tu mi benedica»). Questo modo di esprimersi viene usato anche parlando di Dio, ad esempio in Isaia 1:14 (Riv. «l’anima mia li odia»; CEI «Io detesto»). Al plurale néfesh può significare «persone» in frasi come: «Menò in cattività 382 anime» (Geremia 52:29; Riv. «persone»). «Tenendo conto del numero delle anime» (Esodo 12:4; Riv. «Persone»).

Quindi, visto che néfesh designa l’essere vivente, accanto all’aggettivo «morto» può designare un essere che ha cessato di vivere; ad esempio in Numeri 5:2 (TNM «anima deceduta»; Riv. «un morto») o 6:6 (TNM «anima morta»; Riv. «Corpo morto»), ecc. Da tutto ciò che abbiamo detto risulta evidente che al pensiero dell’AT è totalmente estranea l’idea (greca) di un dualismo anima-corpo, cioè l’idea di un’anima spirituale e immortale, rinchiusa nel corpo, che si stacca da questo al momento della morte; secondo l’AT l’uomo non «ha» un’anima, ma «è» un’anima.

In effetti, la néfesh è l’essere umano totale e quindi essa muore! Ecco alcune espressioni tipiche:

  1. «L’anima mia preferisce… la morte» (Giobbe 7:15).
  2. «L’anima sua si avvicina alla fossa» (Giobbe 33:22).
  3. «Quelli che cercano l’anima mia per farla perire» (Salmo 40:14).
  4. «Facendo morire anime che non devono morire» (Ezechiele 13:19).
  5. «L’anima che pecca sarà quella che morrà» (Ezechiele 18:4,20).

Per concludere, va rilevato che nell’AT néfesh designa anche gli animali (in quanto esseri viventi). Per esempio in Genesi 1:20: «Brulichino le acque di un brulichio di anime viventi» (TNM, Riv. «animali viventi»); in 1:21: «e Dio creava… ogni anima vivente che si muove» (TNM, Riv. «Gli esseri viventi»). Vedi anche 1:24,30; 2:19; 9:10; Levitico 24:18 ecc. (tutti nella TNM).

Testi difficili

  1. Testi come 1 Re 17:21,22 si spiegano facilmente tenendo conto che néfesh significa qui «respiro» e quindi «l’anima del fanciullo ritornò in lui» equivale a «riprese a respirare» (vedi 17:17 «non gli restò respiro», TNM ebraico neshamà).
  2. In Genesi 35:18 l’ebraico dice: «e avvenne, nell’uscire la sua anima poiché morì…». La CEI traduce bene con: «mentre esalava l’ultimo respiro…»; quindi, l’idea popolare dell’anima che esce dal corpo quando questo muore é solo un equivoco basato su un antico modo di dire!
  3. Riguardo al testo di 1 Samuele 28:3-20 (Saul che consulta lo «spirito» di Samuele) si deve notare prima di tutto che non si può assolutamente trattare dell’apparizione dell’anima del defunto Samuele voluta da Dio, prima di tutto perché secondo la Bibbia (come abbiamo già visto), l’anima è l’uomo stesso e quindi muore (vedi anche Ecclesiaste 9:5,6,10; 2 Samuele 12:22,23 ecc.), poi perché Dio non stava rispondendo a Saul per nessuna via (1 Samuele 28:6) e sarebbe stato inconcepibile che gli avesse risposto proprio tramite una medium, visto che Egli stesso aveva comandato di mettere a morte coloro che praticavano lo spiritismo in Israele (Levitico 19:31; 20:6,27; Isaia 8:19,20, ecc.). La spiegazione secondo la quale si sarebbe trattato dell’apparizione dello spirito di Samuele si ritrova solo nel testo di un apocrifo incluso nelle Bibbie cattoliche: Siracide (o Ecclesiastico), 46:20 che dice, parlando di Samuele: «Perfino dopo la sua morte profetizzò, predicendo al re la sua fine; anche dal sepolcro levò ancora la sua voce per allontanare in una profezia l’iniquità del popolo» (CEI), (si tratta di un testo del II secolo a.C.) e nel testo della LXX (più o meno dello stesso periodo) che aggiunge a 1 Cronache 10:13 la frase: «Saul consultò la maga affinché indagasse e gli rispose il profeta Samuele».

Secondo la spiegazione data dalla Bibbia stessa, invece, all’origine del fenomeno di En-dor non c’è Dio; infatti 1 Cronache 10:13,14 dice: «Così morì Saul, a motivo dell’infedeltà che egli aveva commessa contro l’Eterno col non aver osservato la Parola dell’Eterno ed anche perché aveva interrogato e consultato quelli che evocano gli spiriti, mentre non aveva consultato l’Eterno».

Risulta abbastanza semplice concludere che a En-dor fu uno spirito diabolico ad apparire sotto le spoglie di Samuele (c’è da notare che Saul non lo vede, perché chiede al v. 13 «che vedi?» ). D’altronde Saul, secondo 1 Samuele 16:14-16, era già tormentato « da un cattivo spirito»! La spiegazione del testo sulla base di una apparizione diabolica fu sostenuta all’unanimità dai Padri della Chiesa e dai commentatori fino alla Riforma.

Il v. 14 («allora Saul comprese che era Samuele» ) descrive semplicemente quello che Saul dedusse dalla descrizione della donna. Va notato che il Kittel, nella sua Bibbia ebraica, suppone che il testo del v. 12 sia corrotto e sulla base di alcuni mano scritti della LXX propone di leggere: «E la donna riconobbe Saul».

In ogni caso, visto che si tratta di un chiaro caso di spiritismo, sembra bene (come fa la TNM) mettere nel testo il nome «Samuele» fra virgolette, visto che non si trattava del profeta, ma di una contraffazione!

Periodo intertestamentario

A partire dalla conquista di Alessandro Magno (332 a.C.) la Palestina iniziò a subire fortemente l’influenza greca: si iniziò a diffondere la lingua e la cultura greca. Questo processo, particolarmente accentuato nel II secolo a.C. (sotto Antioco Epifane, sovrano di Siria) portò profondi mutamenti anche in alcune credenze religiose ebraiche. Questi cambiamenti sono riflessi dagli scritti del tempo, soprattutto da quelli chiamati «apocrifi» e «pseudoepigrafici»; in essi compare chiara la credenza nell’immortalità dell’anima, nell’inferno, nel giudizio subito dopo la morte, ecc. Alcuni di questi scritti sono tradotti in Gli Apocrifi dell’Antico Testamento (a cura di Paolo Sacchi), Torino 1981. Nel I ° libro di Enoch (che è una specie di «Divina Commedia» ante litteram) troviamo tra l’altro una descrizione del luogo in cui sono punite le anime degli empi: «Queste belle località (ci sono) affinché, in esse, si radunino gli spiriti, le anime dei morti… e io vidi gli spiriti dei figli degli uomini morti». L’angelo che accompagna Enoch nel suo «viaggio» risponde a una sua domanda: «Questo spirito è quello uscito da Abele» (22:3,7; P. SACCHI, pp. 500,501).

Queste credenze si trovano anche in alcuni di quei libri apocrifi che sono stati accettati come ispirati dalla Chiesa cattolica e quindi sono compresi nelle Bibbie cattoliche (ma non in quelle protestanti!). Ad esempio, nel libro della Sapienza, scritto tra il 50 e il 30 a.C., troviamo: «Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace» (3:1-3, versione CEI) e ancora: «Ero un fanciullo di nobile indole, avevo avuto in sorte un’anima buona o, piuttosto, essendo buono, ero entrato in un corpo senza macchia» (8:19,20, CEI).

È chiara qui la credenza non solo nell’immortalità, ma anche nella preesistenza delle anime!

Sotto l’influsso greco si diffuse quindi in varie correnti del giudaismo, l’idea dell’immortalità dell’anima, anche se in alcuni scritti troviamo ancora l’idea biblica, come in Tobia e nel II Esdra. Va notato però che non tutti accettavano questo teoria. Ad esempio gli Esseni di Qumran (di cui si sono scoperti moltissimi manoscritti, a partire dal 1947, databili tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C., sostenevano l’idea biblica che possiamo chiamare «dell’immortalità condizionata» e non innata. Néfesh, a Qumran, come nell’AT designa l’uomo totale, l’essere vivente che ovviamente, può morire. Negli inni (1 QH). troviamo, ad esempio: «Hai riscattato l’anima del povero, che essi cercavano di sopprimere, versando il suo sangue» (2:32 in I manoscritti di Qumran, a cura di L. MORALDI, Torino, 1971, p. 370). E ancora: «Ti ringrazio, Adonal, perché hai liberato l’anima mia dalla fossa e dallo Sheol dell’Abaddon (3:19; MORALDI, p. 376) e infine: «La mia anima mi venne meno fino alla distruzione, perché il vigore del mio corpo era scomparso» (8:32; MORALDI, p. 414).

Nuovo Testamento. Il significato di psyché nel NT è equivalente a quello di néfesh nell’AT; quindi essa equivale a «vita» (Giovanni 10:11,15,17; Filemone 2:30; 1 Tessalonicesi 2:8; greco «anima») e a diversi significati già visti nell’AT. È da notare tra l’altro l’uso di psyché nel senso di «persona» in Atti 2:41: «circa 3.000 anime» (TNM, Riv. «3.000 persone»; vedi anche 7:14; 27:37; 1 Pietro 3:20) e l’uso in riferimento agli animali in Apocalisse 8:9: «E un terzo delle creature che sono nel mare e che hanno un’anima, morì» (TNM, Riv. «Creature viventi», vedi anche 16:3).

Quindi anche nel NT si parla, ovviamente, della morte dell’anima, come in Giacomo 5:20: «Salverà l’anima di lui dalla morte» (vedi Matteo 10:39; 16:25; ecc.).

Testi difficili

  1. Il testo più spesso citato da chi sostiene l’immortalità dell’anima è certamente la parabola del ricco e Lazzaro (Luca 16:19-31). Possiamo senz’altro dire che, essendo una parabola, è certamente sbagliato servirsene per sostenere una dottrina, come sarebbe sbagliato dedurre dalla parabola di Jotham, in Giudici 9:8- 15, che gli alberi camminano o parlano! Notiamo ora le diverse incoerenze cui andremmo incontro interpretando la parabola letteralmente:
    • Risulta dal testo che l’Ades (il soggiorno dei morti, la tomba), è diviso in due parti: una è il «seno di Abramo» (cioè il «paradiso»), l’altra il «soggiorno degli empi» (l’«inferno»), vv. 22 e 23); inoltre, il paradiso e l’inferno sarebbero vicini, ma separati da «una gran voragine» (v. 26). Naturalmente chi crede nell’immortalità dell’anima considera questa descrizione come simbolica!
    • Secondo i sostenitori dell’immortalità dell’anima, alla morte è l’anima, spirituale, disincarnata che va in paradiso o all’inferno! Qui invece si parla di «occhi», «dito», «lingua» (vv. 23,24), quindi di esseri dotati di corpo. Ma il corpo sarà resuscitato solo alla fine dei tempi (1 Corinzi 15:52), come ne conviene anche chi crede all’immortalità dell’anima! Inoltre, c’è da notare che la menzione della «gran voragine» (v. 26) per non permettere il passaggio dei dannati in paradiso e viceversa, sarebbe assurda nell’ipotesi di anime disincarnate (che potrebbero passare dovunque!).
    • Secondo Ebrei 11:8-19,39,40 Abramo non ha ancora avuto il suo «premio», quindi né lui né la sua anima possono essere evidentemente in paradiso e ciò contraddirebbe i vv. 22,23.
    • Secondo il v. 24 il ricco è tormentato nelle fiamme, che sono una caratteristica della Geenna (Matteo 5:22; 18:9) che, però, secondo il NT, si situa solo alla fine dei tempi (Matteo 25:41); inoltre il ricco non va nella Geenna, ma nell’Ades che indica nella Bibbia solo la tomba e quindi non un luogo in cui c’è il fuoco!
    • secondo Gesù stesso, il premio o il castigo verranno assegnati ad ognuno alla fine dell’età presente e non alla morte (Matteo 13:30, 39-43,49,50; 25:31-44, ecc.).
      Tutte queste incongruenze rendono evidente che la parabola va interpretata per quello che è, cioè un racconto allegorico con una morale. Gesù utilizzò semplicemente alcuni elementi delle credenze religiose popolari del tempo (condivise in parte dal Farisei!) per insegnare che il destino eterno si decide in questa vita e per questo non c’è più la possibilità di una seconda prova dopo la morte; quindi bisogna sfruttare al massimo le occasioni di questa vita, come viene anche insegnato nella prima parte del capitolo 16 (vv. 1-12) nella parabola del «fattore infedele».
  2. Per Luca 23:43 basta ricordare che i manoscritti originali del NT non avevano punteggiatura e il testo (tradotto letteralmente) si leggeva: «E disse a lui in verità a te dico oggi con me sarai nel paradiso»; basta mettere il punto dopo oggi e la frase acquista il senso di una promessa a tempo indeterminato; d’altronde Gesù stesso, la domenica della resurrezione dice a Maria che non è ancora stato in Paradiso (Giovanni 20:17).
  3. In 2 Corinzi 5:1-4 l’apostolo Paolo utilizza un tipo di linguaggio che ci fa capire che egli stava combattendo un gruppo di gnostici che credeva evidentemente nella possibilità dell’anima sincera (o «nuda», senza il corpo, v. 3). Paolo polemizza con loro dicendo che anche se il corpo terreno è disfatto, noi sappiamo che Dio ce ne ha preparato uno migliore e desideriamo «rivestirci del nostro corpo celeste» (v. 2, CEI), non certo «essere spogliati» (v. 4), ma comunque «anche se saremo spogliati (cioè colpiti dalla morte; il greco ha Ekdusàmenoi) non saremo trovati nudi» (v. 3 traduzione letterale dal greco) come invece sostenevano gli gnostici. Se poi al v. 3 si accettala lezione Endusàmenoi nel greco (come fa la Riv.) allora si dovrebbe tradurre: «Sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste, e dal momento che saremo rivestiti con esso non saremo trovati nudi». Il punto centrale dell’argomentazione di Paolo è proprio quello di negare l’argomento degli gnostici che credevano nella sopravvivenza di un’anima disincarnata!
  4. Per i testi di Filippesi 1:23 e 2 Corinzi 5:8 basta ricordare che nella morte, come avviene nel sonno, non c’è coscienza del tempo, per cui come addormentarsi e svegliarsi sembrano due atti immediatamente consecutivi per chi va a letto la sera, così, morire, per il cristiano equivale a risorgere; i due atti vengono vissuti come consecutivi proprio perché non c’è coscienza del tempo! La frase «partire dal corpo» (2 Corinzi 5:8) significa semplicemente «lasciare questa vita» (TILC), «morire».
    Alcuni pensano che in Filippesi 1:23 Paolo preferisca alle due alternative dei versetti 20,21 (vivere-morire) un’altra: la «traslazione» (cioè l’essere trasformato e rapito nelle nuvole alla parusia di Cristo, come egli dice in 1 Tessalonicesi 4:16,17), ma questa spiegazione appare un po’ forzata!
  5. Per Apocalisse 6:9 (le anime sotto l’altare) occorre notare:
    • l’uso di Psyché nell’Apocalisse è conforme a quello del resto del NT; il sostantivo viene usato in altri sei passi, oltre a quello citato: Apocalisse 8:9: «e un terzo delle creature che sono nel mare e che hanno anima morì» (TNM); 12:11 «e non amarono la loro anima neppure di fronte alla morte» (TNM) e inoltre 16:3; 18:13,14 e 20:4.
    • Il passo di 6:9 è chiamato simbolico; si parla nel contesto di un cavallo bianco, di uno rosso, di sigilli, ecc. Come il sangue veniva sparso alla base dell’altare (Levitico 4:7) così le «anime» si trovano sotto l’altare. La morte dei martiri viene paragonata a un sacrificio dell’AT (essi sono stati «sgozzati», dice il testo greco, e usa lo stesso verbo – sfàzo – che nella LXX era un termine tecnico per indicare i sacrifici rituali; vedi, ad esempio Levitico 4:4). Giovanni utilizza la parola «anime» perché si associa molto bene con «sangue» del v. 10; infatti, come abbiamo visto i due termini sono sinonimi.
    • Si tratta perciò di una visione (simbolica) dei martiri che chiedono giustizia. Viene data loro una veste bianca (altro simbolo, vedi Apocalisse 3:5!) e viene loro detto di aspettare (v. 11).

Anima

  1. Significato fondamentale
    • Vita (1 Samuele 19:11; Isaia 47:14; Giovanni 10:11,15,17, ecc.)
  2. Significati derivati
    • Sangue (Levitico 17:11)
    • Persona (Atti 2:41)
    • Individuo (Io, tu, egli, Genesi 27.4,19 ecc.), ecc.
  3. L’uomo non ha un’anima, ma è un’anima (Genesi 27:7).
  4. In quanto indica tutto l’uomo, l’essere vivente; essa può morire (è tutto l’uomo che muore!): Giobbe 7:15; 33.22; Salmo 40:14; Giacomo 5:20.

Bibliografia

  1. Sarà molto utile la consultazione della Traduzione del Nuovo Mondo della Bibbia ( = TNM) pubblicata dal Testimoni di Geova perché, anche se piena di errori, in questo caso rende i termini Néfesh e Psyché sempre letteralmente con «anima» e questo può aiutare a vedere la vastità dei significati di queste espressioni.
  2. Per I’AT la migliore trattazione in italiano è quella della voce «Nefesh» nel Dizionario Teologico dell’Antico Testamento (a cura di E. JENNI – C. WESTER Casale Monferrato 1982, coll. 66-89; si può vedere anche H.W. WOLFF, Antropologia dell’Antico Testamento, Ed. Queriniana, Brescia 1975, pp. 18-39.
  3. Per l’AT e il NT insieme, si può consultare la voce «Psyché» nel Grande Lessico del Nuovo Testamento (a cura di G. KITTEL – G. FRIEDRICH), Brescia 1965, e la voce «anima» nel Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento (a cura di L.COENEN e altri), Bologna 1980, pp. 111-120.
  4. Una buona sintesi anche dal punto di vista teologico si può trovare in Philippe H. MENOUD, Dopo la morte: immortalità o resurrezione?, Ed. Claudiana, Torino, e nei due saggi di O. CULLMANN: Immortalità dell’anima o resurrezione dei morti? e La liberazione anticipata del corpo umano secondo il Nuovo Testamento, entrambi in O. CULLMANN, Dalle fonti dell’evangelo alla Teologia cristiana, Ed. Ave, Roma 1971, rispettivamente pagine 193-223 e 109-120.
  5. Per chi legge l’inglese c’è l’opera veramente documentata di Leroy Edwin FROM, The Conditionalist Faith of our Fathers (2 voll.), Washington D.C. 1965-66 che, in circa 2.500 pagine (!) tratta tutti gli aspetti dell’immortalità dell’anima e presenta anche una storia completa delle discussioni al riguardo nel corso dei secoli.

Bibliografia

AA.VV.,Vivere per sempre, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2008.

La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010, cap. 7.

Per acquistare questi volumi puoi visitare il sito: www.edizioniadvshop.it o richiederli al responsabile della libreria di chiesa della comunità avventista che frequenti.

AA.VV., Cristo è risorto, Edizioni Adv, Impruneta Firenze, 2003.

(Questo libro potrebbe essere esaurito – lo si può trovare in qualche libreria di chiesa o famiglia avventista)

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