Buone Notizie #03

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

BIBBIA

di Franco Mosca

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Greco: Biblia (libri). La parola designa la collezione degli scritti dell’Antico Testamento (AT) e del Nuovo Testamento (NT). L’espressione si trova in Daniele 9:7 (traduzione dei LXX) ed indica i libri profetici. Non troviamo nel NT un termine che designi l’intera Bibbia, poiché in quel tempo le sole scritture ispirate erano quelle dell’AT. La designazione più comune per indicare l’AT è hai grafai, «le scritture», «le sacre scritture», «gli scritti sacri». La divisione dell’AT in 3 parti (Legge, Profeti e altri scritti) la riscontriamo anche in Luca 24:44 quando usa l’espressione «la legge di Mosè, i profeti e i salmi», ma anche l’espressione « la legge e i profeti» sta ad indicare l’AT.

Verso la fine del secondo secolo erano comuni i termini «Antico e Nuovo Testamento» per distinguere gli scritti degli Ebrei da quelli cristiani.

Il termine «testamento» è equivalente a «patto» e starebbe ad indicare le due economie della storia della salvezza.

1. Lingue. L’AT ben si sa è scritto nella stragrande maggioranza in ebraico; ci sono solo alcune sezioni scritte in aramaico (Daniele 2:4-7:28; Esdra 4:8-6:18; 7:12-26; Geremia 10:11). La scrittura ebraica era senza vocali, esse infatti furono introdotte solo verso il VI sec a.C. dai Masoreti.

II NT invece è scritto in greco, diverso dal greco classico e conosciuto come greco koinè (comune) del periodo ellenistico.

2. Traduzioni. L’AT fu tradotto in greco, per il beneficio dei Giudei che vivevano nella diaspora e non conoscevano più l’ebraico. Questa traduzione è conosciuta col nome di Settanta (LXX) e fu iniziata intorno al 285 a.C. sotto Tolomeo II. Ci sono altre traduzioni in greco e sono quelle di Aquila (150 d.C.), Teodozione (185 d. C.) e Simmaco (II sec d.C.).

Parafrasi orali dell’AT sono conosciute col nome di Targum (interpretazioni) fatte in aramaico per il beneficio dei Giudei palestinesi. Tra le antiche traduzioni ricordiamo la siriaca (Peshitta), l’etiopica, la copia, l’armena, la georgiana, la gotica e la slava.

Le più antiche traduzioni del NT sono quella siriaca e quella latina; entrambe si possono far risalire, almeno in forme parziali, verso la fine del II sec d.C. Grande importanza ha avuto per lo studio del testo la traduzione conosciuta col nome di «Vetus Latina», che è una traduzione molto servile da un testo molto buono della LXX, è stata anche utilizzata da Gerolamo per la Vulgata. La Vulgata è un’altra traduzione in latino che ha avuto una grande risonanza. Non si trattava di una vera nuova traduzione, bensì di un’accurata revisione della versione latina in uso a Roma; il compito era delicato perché bisognava conservare il più possibile il testo esistente e, allo stesso tempo, correggere i passi che erano sbagliati.

La Vulgata fu il primo libro ad essere stampato da Gutemberg nel 1455. Da quel momento in poi la Bibbia ha conosciuto molte edizioni stampate sia nelle lingue originali che nelle diverse lingue europee. Nei secoli XVI e XVII furono stampate diverse edizioni dette poliglotte. Erano chiamate in questo modo perché, oltre al testo ebraico dell’AT, avevano in colonne parallele i testi delle antiche versioni orientali e occidentali: le più famose furono la Complutense, la Palatiniana, la Parigina, la Londinese (la migliore tra queste, stampata dal 1645-57).

Già prima della riforma protestante si era sentito fortemente il desiderio di diffondere la Bibbia nelle lingue nazionali in modo tale che la gente potesse comprenderla. Si cercò anche di basare queste traduzioni sui testi originali e più sulla Vulgata. La traduzione effettuata da Lutero fu adottata dalle chiese protestanti in Germania; a questa seguirono traduzioni in diverse altre lingue europee.

In lingua italiana abbiamo già i primi tentativi parziali di traduzione in volgare verso il ‘200, mentre col ‘300 abbiamo le prime Bibbie complete in lingua volgare, fatte sulla base della Vulgata. Con l’invenzione della stampa, la Bibbia in volgare ebbe due edizioni stampate a Venezia intorno al 1471. La prima traduzione in italiano dai testi originali fu contemporanea alla Bibbia di Lutero e fu opera di Antonio Brucioli (1532). Ci fu poi quella del domenicano Sante Marmochini (S. Marco, Firenze, 1538). Nel 1607 apparve la traduzione dal testi originali del protestante Giovanni Diodati. Merita menzione la versione di Antonio Martini (1769-81) che fu considerata classica per molti anni (anche se fatta sulla Vulgata).

Alcune traduzioni in Italiano del nostro secolo:

1930 Luzzi, Protestante, stilisticamente accurata, dal testi originali.

1923 ss Vaccari, Cattolica, 10 voll, introduzione e note, dai testi originali.

1939,40 Ricciotti, Cattolica, a carattere popolare, dalla Vulgata con introduzioni e note di Ricciotti.

1947 ss Garofalo-Rinaldi, Cattolica, in vari volumi, dai testi originali con introduzione e note scientifiche.

1961 Nardoni, Cattolica, con note, particolarmente aderente ai testi originali.

1961 Garofalo, Cattolica, 3 voll., con commenti, dai testi originali.

1968 Bibbia concordata, versione dai testi originali a cura della Società Biblica Italiana, in collaborazione fra le diverse confessioni religiose.

1969 Nuovissima Versione della Bibbia dai testi originali, Cattolica, 46 voll., con introduzioni e note di carattere scientifico.

1971 La Sacra Bibbia (CEI), dai testi originali, curata dalla Conferenza Episcopale Italiana, usata nella liturgia.

1985 La Parola del Signore, Cattolica-Protestante, Versione Interconfessionale.

3. Testo. Non è facile tracciare la storia del testo dell’AT, sia perché si tratta di materiale molto antico, sia perché gli Ebrei avevano l’abitudine di distruggere i vecchi manoscritti dopo che erano stati ricopiati. I manoscritti ebraici più antichi in nostro possesso prima della scoperta dei rotoli del Mar Morto risalivano al IX secolo della nostra èra. Consistevano nel Pentateuco (i primi 5 libri), nei libri profetici e negli altri scritti (sapienziali, storico-religiosi). Tutti i manoscritti successivi risultavano essere in armonia con questi manoscritti del IX sec, prova questa della fedeltà con cui gli scribi copiavano il testo ebraico.

I manoscritti di Qumran ci riportano indietro di 1000 anni o più. Non sono stati ritrovati tutti i testi completi dell’AT (solo pochi), ma molti frammenti sono importantissimi per offrire una conferma dell’accuratezza della trasmissione del testo. Sarebbe preferibile avere prove ancora più antiche, ma considerando il fatto che gli Ebrei hanno conservato con tanta cura le loro Scritture, possiamo considerare attendibile il testo esistente.

Tra i testi più importanti ritrovati a Qumran, ricordiamo il rotolo di Isaia (completo dei 66 capitoli), il commento al libro di Habacuc e moltissimi altri brani frammentari. Tra gli altri manoscritti che erano già posseduti prima della scoperta di Qumran, ricordiamo: una copia del Pentateuco (British Museum, dell’850 d.C.), il Manoscritto di Leningrado (datato intorno al 1000 d.C.) e il Pentateuco samaritano.

Per quanto riguarda invece il NT possediamo migliaia di manoscritti greci, come anche molti manoscritti delle antiche versioni. La stragrande maggioranza di essi riporta un testo divenuto comune nel V sec. Solo qualche manoscritto riporta un testo più antico. Molto importante è stata la scoperta dei manoscritti papiracei, alcuni dei quali vengono fatti risalire alla fine del II sec d.C. Il più antico frammento di papiro oggi conosciuto viene fatto risalire intorno al 120 d.C. ed è un frammento del Vangelo di Giovanni.

Importanti collezioni di questi papiri sono quella di Bodmer e quella di Chester Beatty. Possediamo anche codici in pergamena redatti durante il IV sec d.C. da scribi professionisti ad Alessandria. Il Codice Sinaitico contiene tutto il NT, mentre il Codice Vaticano, leggermente più antico, arriva fino a Ebrei 9:13. Tutti questi manoscritti hanno permesso agli studiosi di dedicarsi alacremente alla ricostruzione di un testo il più vicino possibile all’originale. Fin dal tempo in cui Erasmo aveva pubblicato la prima edizione stampata del testo greco, non si era pensato di mettere in discussione questo testo e di rivederlo. Ma alcune edizioni del XVI e XVII sec, cominciarono a far conoscere altri manoscritti che differivano dal testo di Erasmo. Nonostante ciò, questo testo rimase immutato fino a quando i critici testuali non scoprirono che molti manoscritti più antichi si discostavano dal testo di Erasmo (il quale era stato prodotto su manoscritti secondari e fatto, inoltre, con molta fretta). Si stabilirono dei princìpi in base ai quali l’età e la qualità di un manoscritto erano più importanti della quantità e, inoltre, furono raggruppati i diversi manoscritti in famiglie (secondo certe caratteristiche). Ciò portò alla sostituzione del testo di Erasmo con gruppi più antichi (come il testo Alessandrino e il testo occidentale).

4. Canone. In epoca cristiana la sacralità della Bibbia fu detta canonicità e l’elenco dei suoi libri «canone», dalla parola greca «kanon», canna, strumento lineare di misura del tempo antico. Da questo significato derivò quello di professione di fede e di norma codificata. Poiché i libri della Bibbia contengono la norma perla vita dei credenti, essi furono detti «canonici», cioè normativi per i credenti. Dal IV sec d.C. il termine «canone» passò ad indicare la lista dei libri ispirati.

Presso gli Ebrei, già prima del II sec a.C., si erano formati tre gruppi di libri sacri; il primo, «la legge», comprendeva i primi 5 libri ed era attribuito a Mosè.Oggi è conosciuto col nome di «Pentateuco». Il secondo gruppo conosciuto col nome di « I Profeti» raggruppava libri di indole storico-profetica (Giosuè, Giudici, Samuele, Re, Isaia, Geremia, Ezechiele e i 12 Profeti minori). Il terzo gruppo veniva chiamato «gli Scritti» edera composto da libri di vario contenuto (Salmi, Proverbi, Giobbe, Cantico, Ruth,Lamentazioni, Ecclesiaste, Esther, Daniele, Esdra- Nehemia, Cronache). Attualmente questi 3 gruppi, fatta eccezione del primo, sono raccolti in ordine diverso.

La Mishnah (scritto ebraico redatto nel II sec d.C.) presuppone l’esistenza di una raccolta fissa di libri e, siccome il suo materiale risale ben più indietro nel tempo, si può affermare che il canone dell’AT venne sostanzialmente fissato verso la fine del primo secolo o all’inizio del secondo. La lista comprendeva tutti i libri ritenuti sacri degli Ebrei, esclusi i deuterocanonici. Questa fissazione della lista di libri non era una novità, perché non faceva altro che confermare una tradizione ormai comune tra i rabbini precedenti. Anche lo scrittore giudaico Giuseppe Flavio nel suo libro Contro Apione, 8, 38-40, ammette solo l’attuale canone ebraico escludendo i deuterocanonici. Che la Bibbia degli Apostoli non includesse questi libri, appare abbastanza chiaramente dalle 263 citazioni dell’AT ebraico nel NT che riguardano sempre i libri del canone ebraico senza riferirsi ai deuterocanonici; vi troviamo, è vero, delle allusioni, ma citazioni vere e proprie mai.

Esiste una lista di libri proveniente dalla versione greca della LXX? Bisogna dire che i diversi manoscritti da noi posseduti della LXX non presentano sempre gli stessi manoscritti, questo ci porta a dedurre che certi libri sono stati inclusi secondo l’uso liturgico che se ne faceva nelle singole chiese (il Codice Vaticano del IV sec non ha i libri dei Maccabei che si trovano invece parte nel Sinaitico e parte nell’Alessandrino). Se il contenuto della LXX resta così incerto, non possiamo certamente poggiarci su di esso per stabilire un ipotetico canone alessandrino. Bisognerebbe anche domandarsi come mai non siano stati accolti dalla Chiesa Cattolica altri scritti che pur si trovano nella LXX, come i Salmi di Salomone e i III e IV Esdra.

È un dato certo che nella liturgia si leggevano i libri canonici e deuterocanonici, ma anche altri libri detti pseudoepigrafia (scritti da autori che usavano i nomi di Mosè, Enoch, ecc.). Ma gli stessi scrittori ecclesiastici (Ippolito, Ireneo, Tertulliano, Cipriano, Clemente di Alessandria, ecc) che pur usavano i libri deuterocanonici, di fatto quando presentano la lista dei testi sacri ricordano solo l’elenco dei libri in uso presso gli Ebrei.

Gli evangeli accettano la lista dei libri contenuti nel canone ebraico (per l’AT), mentre i Cattolici, sulla base della decisione del Concilio di Trento, accettano anche altri libri detti appunto deutero-canonici (facenti parte cioè di un secondo canone). Un decreto di questo concilio afferma: « Se una persona… osasse non accogliere come sacri e canonici questi libri integralmente con tutte le loro parti, così come la Chiesa Cattolica ebbe l’abitudine di leggerli e come si trovano nell’antica edizione della Vulgata, sia scomunicato» (Conc. Trento, Sess. IV «Decreta de S. Scriptura», 8 aprile 1546; Denzinger 1504).

Possiamo quindi affermare quanto segue: «La Chiesa Cattolica che poggia sulla tradizione, non può documentare l’esistenza di una costante tradizione favorevole ai libri deuterocanonici» (F. SALVONI, Romanzo della Bibbia, Milano, s.d., p. 105).

Intorno alla fine del primo secolo accanto all’AT si associò in modo naturale un’altra autorità: gli insegnamenti di Gesù e i suoi detti raccolti dagli Apostoli. Già l’apostolo Pietro, quando scriveva la sua seconda epistola, considerava ispirate le lettere di Paolo (2 Pietro 3:15,16) ponendole allo stesso livello dell’AT. Queste lettere e queste memorie di Gesù (i Vangeli) circolavano fra le varie chiese, le quali le ricopiavano e le trasmettevano ad altre. Il testo di Pietro citato più sopra fa appunto pensare che già allora esistesse una raccolta di epistole di Paolo. In questo periodo non era molto avvertito il bisogno di definire quali scritti fossero ispirati ed erano da usare durante il culto. Questa necessità fu invece avvertita verso la metà del secondo secolo quando cominciarono a circolare strane idee sulla figura di Gesù che pretendevano di rifarsi alla tradizione orale. In questo periodo gli gnostici fecero un loro canone di libri apostolici che rifletteva ovviamente le dottrine che essi professavano. Potremmo, a questo punto, citare le molteplici testimonianze dei padri apostolici, ma rimandiamo a trattazioni più specializzate. Riporto solo il catalogo degli scritti sacri di Eusebio di Cesarea, il quale li divide in 3 categorie:

a) Homologumena (universalmente accettati), tra i quali menziona i vangeli, le epistole paoline, 1 Giovanni, 1 Pietro e l’Apocalisse, sulla quale, tuttavia, c’era qualche discussione.

b) Antilegomena (scritti discussi), perché non accettati da tutte le chiese, ma che venivano letti pubblicamente, tra queste l’epistola di Giacomo, 2 e 3 Giovanni, Giuda e 2 Pietro. Fra questi scritti sono inclusi il Pastore di Erma, la Didaché e gli Atti di Paolo.

c) Scritti apocrifi, completamente da rigettare. Sono i così detti Vangeli apocrifi. Eusebio riconosce tutti gli scritti del NT come li possediamo oggi, sottolineando i dubbi da parte di qualche comunità per quanto riguarda l’Apocalisse ed Ebrei. Potremmo dire che la storia del canone non è altro che una presa di coscienza delle chiese nei riguardi della loro fede.

Certo che non furono le chiese a scegliere gli scritti del NT, ma furono questi ad autoselezionarsi in virtù dell’autorità del messaggio ivi contenuto e sulla base dell’autorità degli autori. Quando il Concilio di Cartagine del 397 elencò i 27 libri del NT, esso non riconobbe a quei libri un’autorità che non avessero già, ma offrì una testimonianza che quei libri e non altri formavano il canone del NT. Il NT come l’Antico si formò gradualmente, libro dopo libro, ben ricordando che «nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo» (2 Pietro 1:21).

5. Ispirazione. La Sacra Bibbia non è solo una collezione di scritti religiosi. Sebbene i libri che la compongono siano stati redatti da uomini di diversa cultura, essa costituisce un tutt’uno e questo rivela la fonte divina da cui proviene. La Bibbia è la rivelazione di Dio agli uomini in epoche successive (Efesini 3:5-9), culminante in Gesù e nella missione dello Spirito. La Bibbia è quindi il resoconto di una rivelazione progressiva da parte di Dio all’uomo e non si può negare una particolare presenza e guida dello Spirito Santo sugli autori sacri. Ciò non significa che Dio abbia usato quegli uomini come automi ai quali dettava ciò che dovevano scrivere. Dio permise a quegli uomini l’uso del loro intelletto, della loro lingua e del loro stile quando essi scrivevano, ma attraverso l’assistenza dello Spirito li guidò affinché trasmettessero la verità che Dio voleva trasmettere al suo popolo.

Già l’apostolo Paolo, scrivendo al suo discepolo Timoteo, afferma: «Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia » (2 Timoteo 3:16). Logicamente questa ed altre affermazioni del NT sono fatte a proposito dell’AT, che fino a quel tempo era considerato scrittura autoritativa (il NT era ancora in formazione). Troviamo comunque anche qualche citazione che parla dell’autorità del NT (2 Pietro 3:15,16). Giovanni nell’Apocalisse ripete spesso l’espressione «la profezia di questo libro» (22:10,18,19). Paolo in 1 Timoteo 5:18 cita Luca 10:7 introducendolo con la frase: «infatti la Scrittura dice…».

Anche l’ispirazione della Bibbia, come ogni intervento di Dio, ha in sé qualcosa di misterioso che non è mai completamente comprensibile dal nostro intelletto. Tuttavia, dobbiamo cercare di comprendere quanto più sia possibile questa azione di Dio. Abbiamo già affermato che Dio non usò lo scrittore sacro come uno strumento passivo: non le parole erano ispirate, ma gli autori. Essi scrivevano con parole loro ciò che Dio aveva fatto loro contemplare. Quindi non si può parlare di ispirazione verbale, ma ispirazione concettuale. Se la Bibbia fosse stata dettata direttamente da Dio, dovremmo trovarci dinanzi ad uno stile e ad un vocabolario uniformi, invece non è così. Possono esserci anche insignificanti imperfezioni dovute all’inadeguatezza del linguaggio umano e alla limitatezza del mezzo umano, anche se assistito dallo Spirito.

6. Divisione in capitoli e versetti. Allo scopo di leggere l’AT nelle sinagoghe, i Giudei avevano diviso la Legge e i Profeti in sezioni. Esistevano anche delle sezioni più piccole più o meno corrispondenti ai nostri versetti. La divisione in capitoli è ascritta da alcuni a S. Langton, da altri al cardinale Ugo da S. Caro (XIII sec). Questa divisione fu poi adottata nella Vulgata e trasferita anche nella Bibbia ebraica. l versetti si trovano per la prima volta nell’edizione della Vulgata del 1558 e nell’edizione del NT (greca) di Robert Etienne del 1551.

7. Attualizzazione. La Bibbia può essere letta come un’opera di storia o di letteratura o come testo di teologia, ma nessuno di questi aspetti fa pienamente giustizia alla sua finalità. Un traduttore del NT affermò: «Facevo del mio meglio per conservare un certo distacco emotivo, ma trovavo che il materiale che avevo sotto mano era stranamente vivo e mi parlava in modo molto misterioso». Questo ci aiuta a capire che non bisogna avvicinarsi alla Bibbia in modo distaccato, altrimenti non si può cogliere il significato più profondo che essa vuole trasmetterci. La Parola di Dio cerca di operare qualcosa nella vita della persona che legge.

Inoltre, la Bibbia è più che mai attuale, perché gli uomini e le donne di cui parla hanno aspirazioni e debolezze simili alle nostre. Le verità bibliche sono più che mai attuali, perché Dio non cambia la sua natura e neanche il modo di trattare le sue creature. Ma la Bibbia non solo conserva una sua attualità, essa è anche pratica.

a. Ci aiuta nella nostra relazione con Dio; alimenta la nostra conoscenza personale del Padre (1 Pietro 1:23; 2:2; Geremia 15:16).

b. Ci guida a Cristo (Giovanni 5:39; 20:30,31; Luca 24:27; Atti 10:43).

c. Ci prepara al combattimento. «Spada dello Spirito», ci sostiene nelle lotte della vita (Efesini 6:17; Ebrei 4:12).

d. Orienta la nostra vita. Ci difende dai falsi insegnamenti, ma è soprattutto un’arma efficace contro le tentazioni.

e. Ci mostra la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è errato (Matteo 4:4,6,7; 2 Timoteo 3:16; Ebrei 13:21).

Capire la Bibbia

Se il passo biblico che stiamo esaminando non fosse sufficientemente chiaro, dopo aver cercato nella stessa Bibbia passi simili che possono aiutarci nella comprensione, poniamoci le seguenti domande:

a. Capire (che cosa dice in realtà il passo?)

  • Quando e dove è stato scritto il passo o il libro?
  • Perché è stato scritto?
  • Che cosa significano le singole parole?

b. Spiegare (quale ne è il senso?)

  • Quale significato poteva avere per i primi lettori?
  • Qual è l’insegnamento principale?
  • Si riferisce a qualche principio generale?

c. Applicare (quale senso ha per me oggi?)

  •   La situazione dei primi lettori è simile alla nostra?
  •   C’è qualche insegnamento specifico su Dio, Gesù, l’uomo, la chiesa, ecc.?
  •   Ispira qualche azione? (pregare, agire…)

Bibliografia

Verrecchia J.C., La Bibbia Nuove istruzioni per l’uso, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010.

La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni Adv, Impruneta Firenze, 2010, capitoli  2, 4.

 

Per acquistare questi volumi puoi visitare il sito: www.edizioniadvshop.it  o richiederli al responsabile della libreria di chiesa della comunità avventista che frequenti.

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