Buone Notizie #20

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

ORGANIZZAZIONE ECCLESIASTICA

di Domenico Visigalli

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Indispensabilità dell’organizzazione

Tutto quello che ci circonda nell’infinitamente grande e nell’infinitamente piccolo è una dimostrazione di ordine, quindi di organizzazione: l’universo con i suoi miliardi di mondi, il ciclo delle stagioni, le meraviglie del corpo umano, tutto è retto da leggi precise. Il termine cosmo deriva dal greco cosmos che significa ordine. La società stessa per sussistere deve rispettare precise regole. È impensabile che la chiesa, o popolo di Dio, possa operare senza una struttura organizzativa che le permetta di mettere in pratica il mandato divino: «Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, e del Figliuolo e dello Spirito Santo insegnando loro di osservare tutte quante le cose che vi ho comandate» (Matteo 28:19,20). «L’incarico dato dal Salvatore alla sua chiesa di recare l’evangelo a tutto il mondo (Matteo 28:19,20; Marco 16:15) non si riferiva solo alla predicazione del messaggio, ma comprendeva anche la salvaguardia degli interessi di coloro che venivano conquistati alla fede. Ciò comprendeva l’esercizio pastorale, la protezione del gregge e voleva anche dire affrontare vari problemi di relazione. Una situazione simile richiedeva un’organizzazione. In un primo tempo gli Apostoli costituirono un consiglio che dirigeva da Gerusalemme le attività della chiesa nascente (Atti 6:2; 8:14)» (Manuale di Chiesa). D’altronde l’Antico Testamento (AT) conteneva un esempio illustre di organizzazione ecclesiastica e civile, quella del popolo d’Israele.

L’organizzazione d’Israele nel deserto

L’organizzazione d’Israele, dopo l’esodo dalla schiavitù d’Egitto, costituisce ancora oggi un modello di efficienza amministrativa. Non bisogna dimenticare però che Israele era una nazione e quindi la sua organizzazione comprendeva anche quella civile oltre che religiosa mentre la chiesa è solo una società religiosa. «Il governo d’Israele fu caratterizzato da un’organizzazione molto rigida, ma allo stesso tempo completa e semplice. Quell’ordine quasi assoluto che si manifesta nella perfezione e la disposizione di tutte le opere create da Dio era evidente anche nell’economia ebraica. Dio possedeva l’autorità suprema, Egli era il sovrano d’Israele e Mosè era il capo visibile nominato da Dio per applicare le leggi nel suo nome. Tra i capi delle tribù vennero scelti cinquanta Israeliti che costituivano il consiglio che assisteva Mosè negli affari generali della nazione. Dopo venivano i sacerdoti che consultavano il Signore nel Santuario; poi i principi, i capi delle tribù; e sotto questi vi erano «capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine, capi di decine» e infine degli ufficiali che potevano essere impiegati per doveri speciali (Deuteronomio 1:15). L’accampamento degli Ebrei era perfettamente ordinato: era costituito da tre grandi divisioni, ciascuna delle quali aveva la sua precisa collocazione. Al centro vi era il tabernacolo, la dimora invisibile del Re, intorno erano collocati i leviti e più in là tutte le altre tribù. I leviti avevano l’incarico di custodire il tabernacolo con tutto ciò che esso implicava sia nell’accampamento sia durante gli spostamenti, dato che dovevano smontare la tenda sacra e quando veniva raggiunto il luogo in cui accamparsi, dovevano erigerla. Nessuna altra persona di qualsiasi altra tribù poteva avvicinarsi, pena la morte. I leviti erano separati in tre divisioni, i discendenti dei tre figli di Levi, a ciascuna delle quali erano stati assegnati una precisa posizione e un preciso lavoro. Davanti al tabernacolo, molto vicino ad esso vi erano le tende di Mosè e Aronne. A sud vi erano i kehatiti i quali dovevano occuparsi dell’arca e degli altri arredi sacri; a nord i merariti che avevano il compito di portare i pilastri, gli zoccoli, le assi, ecc.; sul retro i ghersoniti che pensavano alle tende e alla tappezzeria. Fu precisata anche la posizione delle altre tribù. Ognuna doveva marciare e accamparsi vicino al proprio stendardo come il Signore aveva comandato: «I figliuoli d’Israele si accamperanno ciascuno vicino alla sua bandiera sotto le insegne della casa dei loro padri; si accamperanno di faccia e tutt’intorno alla tenda di convegno. Seguiranno nella marcia l’ordine nel quale erano accampati» (Numeri 2:2,17). La folla di stranieri che avevano accompagnato il popolo d’Israele dall’Egitto non ebbe il permesso di occupare le stesse zone delle tribù, dovevano accamparsi ai bordi del campo e i loro figli venivano esclusi dalla comunità fino alla terza generazione (vedi Deuteronomio 23:7,8). Nell’accampamento e nei dintorni vi erano un perfetto ordine e una grande pulizia: furono messe in vigore leggi sanitarie e fu proibito a ogni persona impura per qualsiasi motivo l’ingresso nel campo. Le misure prese erano indispensabili per preservare la salute di una folla così vasta e affinché il popolo d’Israele potesse godere della presenza di un Dio santo; per questo Egli dichiarò: «L’Eterno il tuo Dio camminerà in mezzo al tuo campo per liberarti e per darti nelle mani i tuoi nemici; perciò il tuo campo dovrà essere santo… ». L’Eterno è un Dio di ordine. Tutto ciò che è celeste è perfettamente ordinato, le schiere angeliche agiscono con grande disciplina; il successo infatti dipende dall’ordine e dalla precisione. Dio vuole che nella sua opera vi siano un ordine e un’organizzazione non inferiori a quelli dei tempi degli Israeliti. Tutti coloro che lavorano per Lui devono operare con intelligenza e non con trascuratezza e senza un programma. L’opera compiuta per Lui dovrebbe essere realizzata con fede e precisione in modo che Egli possa porre il suo sigillo di approvazione» (E.G. WHITE, Conquistatori di pace, pp. 293,294).

La chiesa: sua organizzazione

Sappiamo dal Nuovo Testamento (NT) che in ogni chiesa venivano eletti degli anziani (Atti 14:23) i quali, coadiuvati dai diaconi (Atti 6:1-6; 1 Timoteo 3:8-10,12,13) erano i responsabili della comunità. «L’anziano, chiamato così per la sua età e esperienza è anche chiamato talvolta pastore (custode del gregge di Dio) o vescovo (sorvegliante). La sinonimia dei tre termini è stabilita da Atti 20:17,28; 1 Timoteo 3:1-7; Tito 1:5,7; 1 Pietro 5:14» (A.F. Vaucher). Da alcuni testi ci sembra di capire (Galati 1:2; Atti 15:23) che le chiese di una determinata provincia rendessero necessaria l’organizzazione di quelle che potremmo chiamare distretti e federazioni. «Come nello stato Dio ha stabilito dei funzionari per esercitare la giustizia e assicurare l’ordine ha anche stabilito nella chiesa dei servitori (1 Corinzi 3:5) incaricati di vegliare al buon ordine e allo sviluppo della comunità» (A.F. Vaucher).

Non si può parlare di organizzazione ecclesiastica senza riferirsi ai vari ministeri che la vivificano rendendone possibile la crescita, scopo principale della chiesa. «Ma a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono largito da Cristo. Egli è per questo che è detto: Salito in alto egli ha menato in cattività un gran numero di prigioni e ha dato dei doni agli uomini… Ed è lui che ha dato gli uni come apostoli, gli altri come profeti, gli altri come evangelisti, gli altri pastori e dottori per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero, per l’edificazione del corpo di Cristo, finché tutti siamo arrivati all’unità della fede e della piena conoscenza del Figliuolo di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo, affinché non siamo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore, ma che seguitando verità in carità, noi cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore d’ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore» (Efesini 4:7,8,11-16). È una immagine cara all’apostolo Paolo quella di paragonare la chiesa a un corpo, il corpo di Cristo (Efesini 5:30) che vive e opera nella misura in cui tutte le membra esercitano la propria specifica funzione (1 Corinzi 12:4-30). La chiesa viene anche paragonata a una donna, la sposa di Cristo e la Nuova Gerusalemme (Efesini 5:22-32; Apocalisse 12:1; 19:7; 21:2,9). Altra figura per far comprendere la necessità organizzativa è quella di presentare la chiesa come un edificio vivente formato da uomini e donne salvati da Cristo (Efesini 2:19-22; 1 Corinzi 3:10-13). Gesù è la pietra angolare (Matteo 18:18), la base sulla quale ogni singolo credente si pone come pietra vivente, cioè operante nella testimonianza cristiana. Nessuna traccia di struttura verticistica nella chiesa apostolica; i cambiamenti che porteranno al papato e al suo assolutismo politico-religioso e che vengono presentati dalla Chiesa Cattolica come l’evoluzione della semplice struttura organizzativa del I sec, sono invece colpevoli deviazionismi ampiamente dimostrabili in opposizione alla lettera e allo spirito del NT. Il consiglio di Gerusalemme che si riunisce in casi di divergenze tra le chiese non scaglia anatemi ma cerca di comporre le vertenze (Atti 15) in uno spirito fraterno. «Quando nasceva un’occasione di dissenso, come per esempio in Antiochia e altrove e i credenti non riuscivano a mettersi d’accordo fra loro, non si permetteva che tali questioni creassero una divisione nella chiesa. Esse erano riferite a un Concilio generale formato da delegati scelti dalle varie chiese locali, dagli Apostoli e dagli anziani con responsabilità direttive. In questo modo gli attacchi di Satana fatti alle chiese isolate venivano affrontati con un’azione comune da parte di tutti e i dannosi piani del nemico venivano ostacolati» (E.G. WHITE, Gli uomini che vinsero un impero, p. 60).

La Riforma del XVI sec cercherà di riportare la chiesa alla formula organizzativa apostolica che è il modello unico, al quale dobbiamo rifarci. Nella cristianità «ci sono oggi quattro forme di governo ecclesiastico generalmente riconosciute:

  1. Episcopale. Forma di governo ecclesiastico con tre ordini di ministri: vescovi, sacerdoti, diaconi.
  2. Papale. Forma di governo ecclesiastico nella quale la suprema autorità è rivestita dal papa. Sotto la sua direzione la chiesa è governata da cardinali, arcivescovi, vescovi e sacerdoti. La chiesa locale non ha alcuna autorità nell’amministrazione della chiesa.
  3. Indipendente. Forma di politica ecclesiastica per la quale la congregazione della chiesa locale ha un’autorità suprema nell’ambito della sua circoscrizione. questa forma è anche chiamata congregazionalista.
  4. Rappresentativa. Forma di governo ecclesiastico che riconosce che l’autorità nella chiesa riposa sui membri della stessa, con responsabilità esecutiva delegata a organi rappresentativi e a ufficiali per il governo della chiesa. Questa forma di governo ecclesiastico riconosce anche l’uguaglianza della consacrazione di tutto il corpo pastorale. La forma rappresentativa di governo ecclesiastico è quella adottata dalla Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno» (Manuale di Chiesa).

L’organizzazione ecclesiastica ha il duplice scopo di tenere unito il popolo di Dio e di permettergli di operare in tutto il mondo in attesa del ritorno di Cristo. È in questo spirito di vasta concezione evangelistica che deve essere intesa l’organizzazione ecclesiastica. Se manca questo spirito positivo di umiltà e servizio qualsiasi forma di governo ecclesiastico non rispecchia il modello illuminato, duttile e dinamico del secolo apostolico. «L’ordine istituito nella chiesa apostolica rese possibile il suo successo, come un esercito ben disciplinato e rivestito dall’armatura di Dio. I gruppi di credenti sebbene dispersi su un vasto territorio, erano tutti i membri di un solo corpo e si muovevano in perfetta armonia l’uno con l’altro…» Dio infatti non vuole il disordine ma la pace. Come in tutte le comunità dei credenti (1 Corinzi 14:33). «Egli richiede che l’ordine e l’organizzazione siano osservati anche oggi negli affari della chiesa, come lo erano nei tempi passati. Egli desidera che il suo piano sia portato avanti in modo completo e esatto, rispettando quei princìpi che motivarono la sua approvazione. L’unità dei cristiani deve diventare una realtà. Si devono creare delle condizioni adatte a favorire l’intesa e la collaborazione tra le diverse comunità locali. L’uomo deve lavorare in stretto contatto con Dio, ogni progetto deve essere sottoposto alla supervisione dello Spirito Santo. Si deve raggiungere questo ideale di unità nel presentare al mondo la buona notizia della grazia di Dio» (E.G. WHITE, Gli uomini che vinsero un impero, p. 60).

Implicazioni pratiche oggi

Sotto la spinta di correnti di pensiero avverse e contrastanti anche oggi la chiesa è chiamata a fronteggiare le tre pericolose tendenze di sempre, che compromettono la sua unità e quindi la sua missione evangelistica. La prima è una crescente presa di posizione di molti insofferenti di ogni forma di governo ecclesiastico ritenuto incompatibile con i princìpi di libertà di coscienza ribaditi dalla Bibbia. La seconda, diametralmente opposta alla prima, vede il successo strettamente legato a una super organizzazione che invece di accelerare rischia di frenare il compimento dell’opera.

Queste due opposte tendenze non possono ovviamente portare la chiesa alla crescita auspicata, di qui una terza posizione ritenuta il rimedio ai due mali, quella dell’intransigenza dei princìpi, la strategia della mano forte che porta inevitabilmente all’intolleranza e a possibili ulteriori divisioni nella chiesa perché spinge molti al rifiuto dell’organizzazione. È la classica immagine del cane che si morde la coda, quella del circolo vizioso. Esaminiamo più attentamente queste tre posizioni. Vi sono cristiani che ritengono di essere in regola con la Bibbia respingendo ogni riferimento alla chiesa vedendo solo il lato umano che, ovviamente, presenta le sue lacune. Come abbiamo visto non è possibile con la Bibbia negare l’esistenza di un governo ecclesiastico sia nell’AT che nel NT. Si devono quindi cercare altrove le ragioni di una presa di posizione così estremista. La libertà di coscienza non deve essere confusa con un pervicace individualismo che vede sempre nel gruppo una minaccia alle proprie convinzioni. A questa stregua si dovrebbe mettere in forse non solo la chiesa, ma anche la famiglia, la scuola, la fabbrica, lo stato, tutto. E la vita, che è vita organizzata, sarebbe impossibile perché noi abbiamo bisogno gli uni degli altri. Dobbiamo onestamente ammettere che la crisi di autorità del nostro tempo e il diffuso anarchismo sono dovuti anche all’autoritarismo, cioè all’abuso dell’autorità. Ma il cattivo uso di uno strumento non ci deve spingere all’abolizione dello strumento ma piuttosto al corretto uso di esso. Non dobbiamo abolire le automobili perché ci sono tanti incidenti stradali, dobbiamo invece fare attenzione alla guida e osservare scrupolosamente il codice della strada. Non è possibile una vita cristiana seria e coerente senza la chiesa. «In senso spirituale è la chiesa che vi salva perché è proprio lei che vi dà Gesù Cristo. Lungi però da noi l’errore cattolico, secondo cui è la chiesa che crede a Dio e ogni cristiano alla chiesa. Noi riteniamo con gioia che i rapporti del fedele con l’acqua viva che è Cristo, sono immediati; ma la chiesa, cioè la comunità cristiana nei secoli è il torrente o il fiume che porta a voi il nome, la conoscenza di Gesù Cristo, e per così dire Gesù Cristo stesso. Senza la chiesa non c’è cristianesimo e non ci sono cristiani» (A. Vinet). «La chiesa è l’assemblea dei credenti che accettano Gesù Cristo come Salvatore e la Bibbia come unica regola di fede e può avere due significati: quello che indica un gruppo locale, cioè l’insieme dei fedeli che si riuniscono in uno stesso luogo per celebrare i servizi religiosi, o per designare la cristianità di una certa regione o del mondo intero» (A.F. Vaucher). La superorganizzazione è un’esasperazione del concetto di governo ecclesiastico che può degenerare in burocrazia, da una parte esalta la chiesa per una certa funzionalità manageriale e istituzionale e per il benessere materiale raggiunto, dall’altra cade nel pericolo di mettere la sua fiducia nei propri mezzi anziché contare sullo Spirito Santo, guida della chiesa. Sta scritto: «Non per potenza né per forza ma per lo Spirito mio dice l’Eterno degli eserciti» (Zaccaria 4:6). L’organizzazione deve essere al servizio della chiesa, cioè permetterne lo sviluppo spirituale e non la chiesa al servizio dell’organizzazione, essere cioè di intralcio alla sua crescita, deve essere un mezzo non un fine. Quando si mette la fiducia nei propri mezzi, la spiritualità diminuisce, aumentano le infedeltà in un clima di diffusa rilassatezza morale. A questo punto la chiesa, e siamo alla terza posizione, rendendosi ben conto della situazione difficile in cui si trova, per porvi rimedio è tentata di usare una strategia di forza cadendo così nel fanatismo e nell’intolleranza, quindi nell’autoritarismo. Questa strategia di forza, lungi dal risolvere il problema, ha portato gli stati e la chiesa alle dittature e alle inquisizioni, cioè a commettere ingiustizie e a provocare indicibili sofferenze. La chiesa è chiamata, certo, a esercitare la sua autorità, ma solo nello spirito di Cristo, per avere la sua approvazione. «Cristo ci ha chiaramente insegnato che coloro che si ostinano in un peccato evidente, devono essere separati dalla chiesa; ma non ci ha incaricati di giudicare il carattere e i moventi altrui. Egli conosce troppo bene la nostra natura per affidarci tale compito. Se noi cercassimo di sradicare dalla chiesa tutti coloro che pensiamo non siano cristiani autentici, commetteremmo sicuramente degli sbagli. Spesso noi consideriamo disperato proprio il caso di certe anime che Cristo sta attirando a sé. Se noi le trattassimo secondo il nostro punto di vista imperfetto, rischieremmo di togliere loro l’ultima speranza. Molti di coloro che si ritengono cristiani saranno alla fine trovati mancanti, mentre molti altri che i loro vicini giudicavano indegni, avranno accesso al cielo. L’uomo giudica dall’apparenza, ma Dio guarda al cuore. La zizzania e il grano devono crescere insieme fino al giorno della mietitura… C’è un’altra lezione nelle parole del Salvatore, una lezione di sopportazione e di tenero amore. » (E.G. WHITE, Christ’s Object Lessons, pp. 71,72).

La strada indicata da Cristo alla sua chiesa, per il compimento della sua opera è più lunga e faticosa e risiede nell’umiltà, nella coerenza, nella pazienza di ogni singolo membro, primi fra tutti quelli che la comunità chiama a posti di responsabilità. E sta proprio in questo la funzione primaria dell’organizzazione, quella di elevare la chiesa portandola a seguire le orme del suo Fondatore: «Or il servitore del Signore non deve contendere ma deve essere mite verso tutti, atto a insegnare, paziente, correggendo con dolcezza quelli che contraddicono se mal avvenga che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità in guisa che tornati in sé, escano dal laccio del diavolo che li aveva presi prigionieri perché facessero la sua volontà… Io esorto dunque gli anziani che sono fra voi, io che sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che ha da essere manifestata: «Pascete il gregge di Dio che è fra voi non forzatamente, ma volenterosamente secondo Dio; non per un vile guadagno ma di buon animo e non come signoreggiando quelli che vi sono toccati in sorte ma essendo gli esempi del gregge… Parimenti voi più giovani siate soggetti agli anziani. E tutti rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri perché Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili» (2 Timoteo 2:24-26; 1 Pietro 5:1-3,5). È con questo spirito che «il popolo (di Dio), zelante nelle opere buone» (Tito 2:14) deve continuare la sua preziosa testimonianza «aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore Cristo Gesù» (Tito 2:13).

Bibliografia

Notarbartolo, V., La croce di Pietro, Edizioni ADV, Firenze, 2012.

La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010, cap. 14.

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