Buone Notizie #14

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

SANTIFICAZIONE, SANTITÀ

di Enrico Long (adattamento di Silvia Vadi)

(dal libro AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Dal greco: hagiasmos da hagiazò = consacrare, mettere da parte.

Il concetto di santità è sempre presente nel programma proposto da Dio al suo popolo (Levitico 11:45) nell’Antico Testamento come nel Nuovo Testamento (1 Pietro 1:14-16).

Che cos’è «santità» secondo la Bibbia? Non è assenza di peccato ma è rottura con il male, separazione da esso per volontaria e cosciente decisione di una mente rigenerata: Romani 6:1,2,10,11. Infatti, i «santi» così chiamati nelle epistole erano dei credenti la cui vita era ancora macchiata di peccato: 1 Corinzi 1:1,2; 2 Corinzi 1:1; 7:1.

Mentre la giustificazione ha da fare con l’essere, la santificazione concerne il «fare» (Romani 6:19). Sono i due aspetti inseparabili della vita cristiana: Giacomo 2:14,17. Le «opere» di cui parla Giacomo sono la messa in pratica, nella vita quotidiana, dei comandamenti di Dio, il che non ha nulla a che vedere con le opere pie o meritorie che nascondono spesso una grande ipocrisia spirituale, come era il caso dei farisei: 1 Giovanni 2:4-6; Matteo 23:3,5.

La santificazione riguarda tutti gli aspetti della vita e non soltanto quelli morali: 1 Tessalonicesi 5:23. Come le offerte di animali nell’Antico Testamento dovevano essere «perfette», cioè la bestia doveva essere sana, senza difetti (Malachia 1:6-8), così pure deve essere l’offerta del nostro corpo (Romani 12:1), per cui è indispensabile preservare il nostro corpo da ogni contaminazione fisica e morale: 1 Pietro 2:11,12; e questo riguarda anche l’accoppiamento con gli infedeli: 2 Corinzi 6:14,15; 7:1.

Come avviene la santificazione? È una trasformazione miracolosa dell’essere che, da peccatore carnale, concepito nel peccato (1 Corinzi 3:1,3; Salmo 51:5), diventa peccatore spirituale: 1 Corinzi 2:14-16. Sia la giustificazione che la santificazione sono il risultato della trasmissione all’uomo della giustizia di Cristo. «La giustizia per la quale siamo giustificati è imputata; la giustizia per la quale siamo santificati è impartita. La prima è il nostro titolo per il cielo; la seconda ci qualifica per risiedervi» (E.G. White, R.H. 4/6/895). Lo stato di peccatore rimane, ma il rapporto uomo-peccato cambia completamente: da schiavo del peccato, il credente diventa capace di dominare sempre più il male che porta dentro di sé: Romani 6:12-14,19,22.

La santificazione è dunque un processo dinamico che mi allontana sempre più dal peccato, dissociandomi totalmente da esso fino al punto di non peccare più (Giovanni 8:11). Al secondo avvento di Cristo, i credenti saranno trasformati nel fisico quando questo corpo corruttibile rivestirà immortalità (1 Corinzi 15:51-54). (…)La trasformazione di un essere umano è un’opera di creazione che soltanto il Creatore può realizzare; tuttavia, il cambiamento non avviene automaticamente perché l’individuo ha una parte vitale da svolgere per rendere il processo possibile (2 Corinzi 4:16; 7:1; Filippesi 2:12). Egli deve lasciarsi coinvolgere dall’attività creatrice dello Spirito Santo che è l’Agente divino della santificazione: 2 Tessalonicesi 2:13. Quando il credente studia la vita di Cristo, lo Spirito Santo agisce sulla mente e sulla coscienza portando avanti il ripristino in lui delle facoltà fisiche, mentali e spirituali (Tito 3:5). Di fatto, lo Spirito Santo non rivela soltanto il Cristo all’uomo ma nella sua qualità di sostituto di Cristo in noi, Egli ci trasforma alla sua immagine, provocando un rinnovamento radicale nella vita del credente (Romani 8:1-10).

Gli strumenti a disposizione dello Spirito sono due: la Parola di Verità (Giovanni 17:17,19) e la preghiera (Romani 8:26,27) ma tocca all’uomo, nell’esercizio della sua libertà, far ricorso a questi strumenti di santificazione che il Signore mette a nostra disposizione. Il carattere è il risultato di ciò che la mente «mangia e beve», per impiegare il simbolismo usato da Cristo in Giovanni 6:53-56. Assimilando il pane della vita, noi siamo trasformati all’immagine di Cristo. Credendo alla Parola di Cristo e alle sue promesse, il cristiano diventa parte della sua divina natura: 2 Pietro 1:3,4.

Implicazioni pratiche oggi

Da secoli una parte della cristianità (Chiesa cattolica romana) dichiara «santi» e eleva agli onori degli altari uomini e donne defunti dopo un lungo e complesso iter processuale che vede prima il candidato riconosciuto beato e poi santo e quindi canonizzato. A lui si offrono preghiere e in suo onore si celebrano feste. Tutto questo non ha alcuna base biblica anzi cozza contro tre affermazioni fondamentali della Scrittura.

  1. Solo Dio, il giusto Giudice, ha l’autorità di dichiarare giusto e salvato qualcuno; lo farà in sede di giudizio finale e lo paleserà dopo il ritorno di Cristo (Matteo 25:31-46).
  2. Il giusto salvato tuttavia non sarà fatto oggetto di culto perché il culto si deve esclusivamente a Dio (Matteo 4:10; Apocalisse 19:10; 22:9).
  3. Tutti i defunti a parte alcune eccezioni (Enoch, Genesi 5:24; Ebrei 11:5; Elia, 2 Re 2:11; Mosè, Giuda 14, Matteo 17:3; i giusti santi risuscitati alla morte di Cristo, Matteo 27:52,53; Efesini 4:8; Apocalisse 4:4,10; 5:8; 7:11) sono nella tomba in stato di incoscienza in attesa di giudizio che nessuno, neppure la chiesa, può ed è in grado di anticipare. Questo voler anticipare il giudizio divino fa parte del culto dell’uomo o della personalità che ha contribuito non poco ad affondare la chiesa nell’apostasia. L’ordine divino che ci viene rivolto come popolo di Dio non è quello di occuparci della santità altrui ma della nostra.

«Procacciate la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore» (Ebrei 12:14).

Bibliografia

Zurcher, J., La perfezione cristiana, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 1995.

La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010, capitoli 5 e 11.

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