Buone Notizie #02

SUPPLEMENTI PER LA LETTURA E L’APPROFONDIMENTO

STORIA DELLA SALVEZZA

di Giuseppe De Meo

(tratto da AA.VV., Dizionario di dottrine bibliche, Edizioni ADV, Falciani Impruneta FI, 1990)

Tanto nell’Antico come nel Nuovo Testamento, non esiste un termine che corrisponda al nostro «storia». A ben guardare però, la Bibbia è un grande libro di storia. Basti pensare ai grandi momenti dell’umanità considerati in questo libro: la creazione; la chiamata di Abramo; il popolo d’Israele; Gesù; la chiesa; tutto ciò è anzitutto storia, realtà storica. Sorvolare su questa realtà significa mancare totalmente il bersaglio: la Bibbia è un libro previsto per gli uomini e scritto da uomini. Uomini totalmente calati nella storia di questo mondo. L’espressione, poi, «storia della salvezza» (Heilsgeschichte), è di origine recente: risale al secolo scorso e deriva da un ambiente teologico tedesco strettamente collegato con la filosofia hegeliana. Da qui, forse, il sospetto per molti verso questa locuzione.

L’utilizzazione di una formula linguistica tuttavia non impegna alcuno a sottoscrivere tutto ciò che può essere stato – o possa continuare ad esserci – dietro ad essa. L’espressione «storia della salvezza» verrà qui utilizzata come tentativo per comprendere più profondamente i momenti salienti degli interventi divini a favore dell’umanità nel tempo – quel tempo che è, poi, il tempo di noi uomini. La storia è l’arena dell’attività divina e continua ad esserlo fino a quando non sarà raggiunto il fine suo ultimo: la vittoria finale di Cristo da ottenersi tanto «in cielo come in terra».

La storia può essere considerata come un susseguirsi di fatti, di azioni espressamente o involontariamente volute dal pensieri degli uomini. Se i fatti possono essere considerati incontrovertibili la loro interpretazione può essere talvolta unilaterale, limitata o lacunosa. Per questo va chiaramente detto che non esiste, perché non può esistere, il cosiddetto storico «assolutamente obiettivo». Nessuno è in grado di analizzare le fonti ed essere totalmente obiettivo nella presa in considerazione delle stesse e nell’interpretarne compiutamente tutti i risvolti.

L’analisi della «storia della salvezza» non sfugge a questo passaggio obbligato. Uno dà maggior peso ad un elemento, un altro ad un altro. Un primo prende in considerazione taluni versetti biblici, un secondo altri. Questo per significare che, se nelle grandi linee si può essere d’accordo e si può anche concordare sul fine ultimo della storia, i passaggi intermedi sono, o possono essere, sempre molto soggettivi. Non è comunque sempre facile individuare l’azione di Dio in un mondo governato da leggi scientifiche, tuttavia va fatto, pena la nostra estromissione dalla storia della salvezza, il pericolo di essere buttati nell’oblio, nel nulla.

Viene però, a questo punto, di porre una domanda non proprio semplice. Com’è possibile conciliare due pensieri apparentemente contradditori quali la sovranità di Dio da una parte e la libertà dell’uomo dall’altra? Gli scrittori biblici raggiungono un ragguardevole equilibrio non insistendo ad oltranza su di un punto a scapito dell’altro. La dignità dell’individuo è e rimane la condizione inalienabile che lo rende totalmente libero e autonomo. È proprio in questa libertà che l’uomo deve scegliere di fronte alle sollecitazioni di Dio. È, se si vuole, attraverso la libera scelta che può raggiungere – secondo il piano propostogli da Dio – il fine per cui è stato chiamato all’esistenza: godere della piena figliolanza. Questo progetto di Dio per l’uomo presuppone un passaggio obbligato: Gesù Cristo, creatore del tempo – dunque della storia – che si è fatto uomo quando «giunse la pienezza dei tempi»; che è morto «sotto Ponzio Pilato» per la salvezza dell’uomo e che tornerà per porre fine alla storia e introdurre i redenti nell’eternità.

La croce sul Golgota e la sua accettazione costituiscono il rimedio celeste per misurare il grado di coesione dell’uomo con Dio e quello dell’uomo con i propri simili. Senza questo elemento eterno e storico allo stesso tempo, lo sgomitolarsi della storia non avrebbe senso.

Prima di chiudere queste brevi considerazioni introduttive va ancora sottolineato un aspetto importante. Nella Bibbia il Signore non ha voluto presentare una filosofia della storia quanto piuttosto una teologia della storia.1 Paolo ha già detto per tutti i credenti: «Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie!» (Romani 11:33). Compito della creatura è quello di cogliere fino in fondo tutto ciò che c’è da capire in questo rapporto d’amore tra Dio e l’uomo e allo stesso tempo, delinearne il più precisamente possibile i contorni.

L’intera storia della salvezza può essere racchiusa fra queste due significative e per molti versi complementari dichiarazioni bibliche. Due momenti che indicano più di quanto non si creda, come il piano di Dio sia immutato e immutabile nel tempo: la pace, l’armonia e l’amore fra sé medesimo, le sue creature e il mondo tutto.

Genesi 1:31

«Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono…».

Apocalisse 21:5

«E colui che siede sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”. Poi mi disse: “Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veritiere”…».

Se è comprensibile che al momento della creazione Dio potesse solo pensare a se stesso non avendo altri con cui condividere il proprio pensiero, alla fine, quando si tratta di fare ogni cosa nuova prende nel modo più serio la propria creatura, la informa e dunque la coinvolge, anche se solo parzialmente in questo suo progetto.

«Scrivi», Egli dice, il che lascia intendere: «…affinché i miei figliuoli sappiano come andranno le cose».

I grandi periodi di questa storia possono essere almeno sette:

  1. La creazione
  2. L’inizio della storia
  3. La storia del popolo eletto: Israele
  4. La prima venuta di Cristo
  5. La fondazione della chiesa
  6. La Bibbia (Antico e Nuovo Testamento)
  7. La seconda venuta di Cristo.

1. La creazione

Dio ha creato il tempo alla creazione. Questo è un dato fondamentale sul quale, però, non ci si sofferma spesso. Il tempo è un’unità di misura – uguale per tutti – con cui l’Eterno ha predisposto di comunicare con l’uomo. Nello scandire del tempo Dio ha voluto che tutte le cose fossero create. Il tempo per eccellenza all’interno dell’atto creativo, si può con certezza affermare che sia stato il settimo giorno, sabato. Un tempo solo apparentemente vuoto, quello del sabato, in realtà è stato il più gravido. Questo tempo, Dio e l’uomo dovevano riempirlo di gesti e pensieri. Fra Dio e la creatura in quel tempo apparentemente vuoto doveva stabilirsi un rapporto, un rapporto d’amore che non avrebbe più dovuto aver fine.

II settimo giorno, dunque, costituisce il culmine e il completamento maestoso della creazione. «Il primo giorno completo vissuto da Adamo fu il settimo giorno che, lo si può affermare con sicurezza, trascorse non lavorando ma celebrando con il Creatore l’inaugurazione della completa e perfetta creazione».2 Il Sabato può giustamente essere chiamato «il giubileo del mondo».3 Questo rapporto, malauguratamente, non è stato così completo e così fecondo come Dio avrebbe voluto. Il male, il peccato, hanno deturpato e violentato questo incontro e la storia del nostro pianeta non è più stata la stessa. Da quel momento l’uomo, la natura, la creazione tutta è stata pervasa da un terribile senso di solitudine e di speranza allo stesso tempo.

«Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo» (Romani 8:19-23).

«Noi non viviamo più», come dice S. Bacchiocchi, «in un perfetto principio, ma in un imperfetto periodo intermedio: un’epoca caratterizzata da ingiustizia, cupidigia, violenza, corruzione, sofferenza e morte. In mezzo al caos e al disordine della nostra epoca, noi cerchiamo certezze, senso della vita, speranza. II Sabato ci porta una rassicurazione e una speranza settimanali. Ci rassicura che la nostra origine e il nostro destino sono radicati in Dio. Ci provvede un senso di continuità col passato e una speranza per il futuro. Ci invita a riposarci in Dio mentre viviamo in un’epoca inquieta e aspettiamo il riposo finale (ma eterno) e la pace di Dio (Ebrei 4:9) per i quali siamo stati creati. Questo è dunque il messaggio del Sabato creativo: La buona notizia delle origini dell’uomo.4

Il Sabato è intimamente legato alla settimana creativa, assume per l’uomo, dopo il peccato, un primo e importantissimo elemento nel maestoso disegno della storia della salvezza. Non tanto e non già l’ultimo sabato trascorso dai nostri progenitori all’interno del giardino dell’Eden, quanto piuttosto il primo dopo che furono espulsi da esso. Il ricordo di quell’armonioso incontro stabilitosi fin dal primo sabato e andato in pochi attimi in frantumi, deve essere stato nella mente dei nostri progenitori come un pungolo e un desiderio perché potesse quanto prima ristabilirsi.

2. Inizio della storia

Per certi versi si può affermare che la storia della salvezza prende il proprio avvio con il peccato dell’uomo e le promesse che l’Eterno fa allo stesso uomo (Genesi 3:8-24).

Altri e diversi sono i passaggi attraverso i quali è possibile scorgere – o meglio sentire – la dura terra di una strada battuta sotto i piedi che calpestano solo la polvere che la ricopre. Il Diluvio con tutto quanto esso comporta sia nel novero delle esperienze passate dell’umanità, sia per l’accumulo di esperienze vissute da Noè e i suoi posteri, è momento anch’esso all’interno di questa storia. Forse non tutti giungono a scorgere nel Diluvio un atto teso alla salvezza dell’uomo, eppure a ben guardare esso lo è. La salvezza di Noè «… uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio» (Genesi 6:9), tutto ciò è da collocarsi in un atto d’amore. Dio desidera dare all’umanità un’altra possibilità. Azzera tutto, tranne, ovviamente, la disobbedienza iniziale. Noè che edifica un altare (8:20,21), antesignano del ben più importante altare – la croce di Gesù – sta proprio lì ad indicare come l’uomo contasse sull’aiuto divino. Lo stesso arcobaleno (8:21,22), è una garanzia e allo stesso tempo una tappa, del lungo percorso che l’uomo e Dio avrebbero dovuto percorrere assieme perché la creatura potesse ritrovarsi felice col proprio Padre celeste un giorno.

3. La storia del popolo eletto: Israele

La storia del popolo d’Israele può essere letta solamente alla luce della venuta di Cristo. Quel Cristo della storia che però non doveva venire per il solo popolo israelitico, ma per tutta l’umanità. La storia della salvezza, anche quando sembra passare attraverso la strettoia di un’esperienza singola, è sempre la storia dell’umanità tutta intera, perché «…tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Romani 3:23); e tutti, indistintamente, hanno bisogno di essere salvati (8:32). La storia di questo popolo può essere così riassunta:

a. La chiamata di Abramo e dei suoi discendenti.

b. La liberazione dalla schiavitù d’Egitto e successivo insediamento in Canaan.

c. La lotta – al tempo di Elia ed Eliseo fra il culto all’Eterno e quello di Baal.

d. La cattività Babilonese e il rientro in patria con Esdra e Nehemia.

e. La predicazione di Giovanni Battista.

La lista potrebbe essere ancora più lunga. Si potrebbero analizzare tanti altri aspetti forse del tutto marginali, ma lo scopo qui è quello di constatare come in ognuna di queste istanze Dio fosse vicino, anzi fra, il suo popolo. Le parole del profeta Malachia, l’ultimo profeta all’interno del Canone dell’Antico Testamento, ben sintetizzano questo pensiero: « “Fin dal tempo dei vostri padri voi vi siete allontanati dai miei precetti e non li avete osservati. Tornate a me e io tornerò a voi”, dice il SIGNORE degli eserciti» (Malachia 3:7).

4. La prima venuta di Cristo

La venuta di Cristo a Betlehem Efrata era stata vaticinata dai primi momenti della storia del mondo ed era stata già predisposta «prima della fondazione del mondo» (1 Pietro 1:20). Gesù Cristo è venuto, afferma categoricamente Paolo: «…quando giunse la pienezza dei tempi» (Galati 4:4). Questo dato fondamentale merita qualche approfondimento. Si disquisisce spesso su i «tempi di Dio» e i «tempi dell’uomo». In effetti, però, i tempi di Dio, perché siano comprensibili al genere umano, devono coincidere con i tempi degli uomini. Nel pensiero biblico l’idea astratta, filosofica, di «eternità», sembra essere addirittura assente. Anche questa parola «eternità», che può evocare chissà quale nostra fantasia, è sempre legata al mondo del concreto, al mondo del tempo a noi conosciuto.

Certo, l’Eterno è al di fuori del tempo, il tempo non lo sfiora, eppure per comunicare con noi, deve entrare nel nostro tempo e vivere in Cristo Gesù una esperienza sensibile, umana. Quante sono le profezie bibliche, quanti sono gli accenni biblici riferentisi ai tipi che trovano in Cristo il loro vero anticipo! Tantissimi in verità! Elencarli tutti, analizzarli poi uno ad uno sarebbe un grande momento di refrigerio spirituale. Ogni profezia, per lontana che sia nel tempo, è sempre stata fatta in vista del Redentore del mondo. Ogni profezia che potesse riferirsi al dopo Cristo5 vedere la profezia del 2.300 sere e mattine di Daniele 8:14 – non può prescindere dal Salvatore dell’umanità. Egli è il personaggio della storia della salvezza senza la cui presenza tutto sarebbe vanificato, inutile ed incomprensibile. In Lui i tempi si sono ravvicinati, anzi si sono sovrapposti. La storia – quella solitamente chiamata profana – è stata anch’essa segnata dalla venuta di Cristo. Il tempo sembra essersi come diviso in due: prima di Cristo e dopo Cristo.

In Romani si trova una riflessione che allo stesso tempo è un invito agli uomini: «E questo dobbiamo fare, consci del momento cruciale: è ora ormai che vi svegliate dal sonno; perché adesso la salvezza ci è più vicina di quando credemmo» (Romani 13:11).

La vita, l’opera di Cristo, hanno valore in quanto sono state l’adempimento del disegno divino proposto nella Bibbia dalle profezie. Tutte le profezie trovano in Cristo Gesù la loro ragione di partenza, di sviluppo e di adempimento. Non c’è altro modo di leggere e di comprendere la storia. Tanto la cosiddetta storia profana quanto quella che qui maggiormente interessa, la storia della salvezza del genere umano, la Bibbia indica che sono orientate verso Gesù. «… Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture» (1 Corinzi 15:3,4).6

«Apollo, …uomo eloquente e versato nelle Scritture… con gran vigore confutava pubblicamente i Giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo» (Atti 18:24,28).

Quale aspetto dell’opera di Cristo può essere considerata la più importante? La sua nascita straordinaria?7 La sua vita spesa senza ombra di peccato?8 La sua morte espiatoria e insostituibile nell’economia dell’universo?9 La sua grandiosa risurrezione?10 La sua intercessione alla destra del trono di Dio?11

Domande simili non hanno senso! Ogni aspetto dell’opera svolta da Cristo è insostituibile. Ognuno di essi costituisce un tassello unico e prezioso nel superbo mosaico teso a illustrare il grande amore di Dio. Per questo la Bibbia quando parla di Cristo afferma: «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno» (Ebrei 13:8).

5. La fondazione della chiesa

La chiesa è la cosa più bella che Gesù Cristo abbia lasciato al mondo dopo la sua ascensione. Un passaggio obbligatorio da considerare nell’ambito della storia della salvezza. Cristo ha fondato la chiesa: «…Tu sei Pietro e, su questa pietra, edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere» (Matteo 16:18).12 Ai credenti Paolo aggiunge: « … siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito» (Efesini 2:19-22).

Nell’epistola agli Efesini Paolo torna a parlare di questo gioiello che Dio ha voluto incastonare quale pietra preziosa tra i «suoi tempi» e i «tempi degli uomini», quei momenti assolutamente incomprensibili che costituiscono la catena del piano della salvezza. «… Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo… la chiesa è sottomessa a Cristo… anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile… [Cristo] nutre [la chiesa] e la cura teneramente… Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa» (Efesini 5:23-32). La Bibbia parla della chiesa come della sposa.13

Nell’ambito della chiesa il credente trova Cristo. Chi ne è fuori – soltanto sulla soglia -non è pienamente in Lui. Solo in essa il rapporto di comunione viene pienamente vissuto. Solo chi vive in questa esperienza può sentirsi coinvolto mediante Cristo, nel piano della salvezza. Solo nella chiesa lo Spirito Santo, unitamente al Figliuolo e al Padre, è manifesto per vivere un profondo e incomparabile atto d’amore tra «la comunità dei credenti» e la divinità.

Anche questo è un momento imprescindibile nella storia della salvezza. Si tratta, è vero, di un momento difficilmente collocabile nello svolgersi della storia visto che Dio, dall’Eden a tutt’oggi, è sempre stato come alla ricerca dell’uomo: «…dove sei?» (Genesi 3:9). Questo disegno è pur sempre stato costante nel piano divino, un punto fermo. Lo Spirito Santo che «viene in aiuto alla nostra debolezza, perché noi non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito Santo intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili» (Romani 8:26).

Terminando questo paragrafo si suggerisce che il lettore esamini con molta cura il discorso di Paolo fatto agli Ateniesi (Atti 17:22-31), dove in maniera geniale e assolutamente «moderna» l’apostolo mostra le tappe – i capitoli se si vuole – della storia della salvezza. Gli ascoltatori di Paolo erano dei pagani, è vero, tuttavia il linguaggio da lui usato duemila anni fa, può essere meglio recepito dagli «Ateniesi» nostri contemporanei.

Un’altra funzione assolutamente fondamentale la chiesa l’ha svolta nella trasmissione14 e nella conservazione della Parola di Dio. La Bibbia costituisce un altro dato importante nella storia della salvezza.

Il battesimo e la santa cena – queste due istituzioni volute da Gesù – sono anch’esse parte integrante della storia della salvezza. «Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato» (Marco 16:15).

Per quanto attiene alla santa cena Gesù ha detto: «Fate questo in memoria di me» (1 Corinzi 11:24,25).

Impossibile pensare di eliminare nella vita del cristiano il battesimo e nella vita della comunità la cena del Signore. È come trovarci di fronte a esseri invalidi, come di fronte a individui senza alcun senso di orientamento. Se il battesimo ricorda al credente in maniera

immodificabile il proprio incontro col Cristo Salvatore, la Cena, per la comunità, ricorda ai fedeli che essi sono pellegrini nel viaggio verso la vita eterna: «Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga» (1 Corinzi 11:26). «Morte» e «ritorno» di Cristo sono qui intimamente legati. Fra questi due momenti la chiesa è.

6. La Bibbia

L’unico mezzo di conoscenza divina si ha nella Bibbia. Senza di essa la nostra comprensione dei disegni di Dio sarebbe suscettibile di personalismi e di errori. La «tradizione», invocata da tanti, non garantisce, dopo duemila anni di storia cristiana certezze quanto alla propria limpidezza. Il piano della salvezza e la storia della salvezza trovano il loro giusto posto solo nella Bibbia. Ha detto bene Gesù: «Voi investigate le Scritture perché pensate d’aver per mezzo di esse vita eterna, ed esse sono quelle che rendono testimonianza di me» (Giovanni 5:39). Le Scritture parlano di Cristo. Da esse sole si può trarre la lezione di vita: la lezione tratta dalla comprensione della storia della salvezza.

7. La seconda venuta di Cristo

«Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo» (Atti 1:11). Questo momento solenne e memorabile non è ancora venuto. La parusia del Signore non ha ancora visto il giorno. Per questo dovrebbe, allora, il credente scoraggiarsi e farsi prendere dallo sconforto? Molte parole della Bibbia hanno trovato il loro adempimento (2 Corinzi 1:20). Potrebbe l’Eterno mentire e ingannare le sue creature? Cosa sarebbe del «Piano di Dio» se dopo averlo presentato e sostenuto per millenni non lo onorasse fino in fondo? La catastrofe! «Non vi lascerò orfani; tornerò a voi» (Giovedì 14:18).15 La storia della salvezza trova il proprio naturale coronamento nel secondo ritorno di Gesù Cristo in maestà e gloria.16

Conclusione

Quante cose si dovrebbero ancora dire! Le cose dette tuttavia, possono essere sufficienti a mettere in moto numerosissime altre riflessioni su questo entusiasmante argomento. Dalla creazione alla nuova terra, tutto è un susseguirsi di punti fermi, momenti decisivi voluti da Dio per l’uomo. Questi momenti hanno avuto ed hanno una notevolissima importanza nel rapporto tra Dio e noi.17 La lunga catena degli avvenimenti – la storia della salvezza – è stata disseminata di momenti d’incontro nei «tempi di Dio» voluti e messi a disposizione nei «tempi degli uomini». La stessa geografia del pianeta terra è stata chiamata a dare un proprio contributo nel fissare « i luoghi» in cui la storia della salvezza è venuta via via prendendo connotati sempre più nitidi.

Dopo la creazione, la zona del Tigri e dell’Eufrate, ha avuto un’importanza vitale (Eden, Noè, Babilonia, Abramo). Poi la Palestina (per certi aspetti anche l’Egitto), (Isacco, Giacobbe, le 12 tribù, Mosè e il Tabernacolo); Babilonia (la cattività babilonese e le profezie di Ezechiele e Daniele); il mondo romano (Cesare Augusto, il censimento di Quirino il governatore della Siria, in rapporto alla nascita di Gesù, la sua morte poi a Gerusalemme come l’Ascensione); per comprendere infine tutta la terra: «andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli…» (Matteo 28:19).

Note

1. Siegfried J. SCHWANTES, The Biblical Meaning of History, Pacific Press Pubbl. Association, Mountain View, Calif., 1970.

2. Samuele BACCHIOCCHI, Riposo Divino per l’Inquietudine Umana, Ed. ADV, Impruneta Firenze 1983, p. 21.

3. Op. Cit.

4. Ibid, p. 56.

5. Luca 24:25,27,44; Matteo 26:54; Giovanni 2:22; Atti 10:38. «Nella storia delle nazioni lo studente della Parola di Dio può constatare l’adempimento delle profezie divine» (E.G. WHITE, Profeti e re, Ed. ADV, Impruneta Firenze, p. 501). «La Bibbia rivela la vera filosofia della storia» (E.G. WHITE, Principi di educazione Cristiana, Ed. ADV, Impruneta Firenze, 1975, p. 173.

6. Atti 18:28.

7. Luca 1:35.

8. Giovanni 8:46; Ebrei 4:15; 2 Corinzi 5:21. «Il Figlio di Dio non commise peccato» (E.G. WHITE, Testimonies for the Church, Mountain View, Calif. 1948, p. 336).

9. Giovanni 3:16,17; Romani 5:6; 8:34; 1 Corinzi 15:3; 1 Tessalonicesi 5:10; Romani 14:9.

10. Matteo 28:10; Marco 16:1-9; Luca 24:1-12; Giovanni 20:1-18; Atti 4:33; 17:18; Filippesi 3:10; 1 Pietro 1:3; 3:21.

11. Salmo 110:1; Marco 14:62; Matteo 26:64; Luca 22:69; Marco 16:19; Atti 2:33; 7:55,56; Efesini 1:20; Colossesi 3:1; Ebrei 10:12; 1 Pietro 3:22; Romani 8:34; Ebrei 1:3.

12. 1 Timoteo 3:15,16. «La relazione tra Cristo e la sua Chiesa è molto intima e sacra. Egli è lo sposo e la Chiesa è la sposa. Egli è il capo e la Chiesa è il corpo. L’unione con Cristo perciò include l’unione con la Chiesa» (E.G. WHITE, Princìpi di Educazione Cristiana, p. 268).

13. Isaia 54:5; Apocalisse 19:7; 21:2,9; 22:17. 14 Romani 3:2; Giovanni 10:35,36.

15. «Tutto ciò che l’Eterno ha detto nella storia profetica del passato si è avverato, e tutto ciò che deve ancora avvenire come seguito avverrà» (E. G. WHITE, Selected Messages 2, Review and Herald Pubbl. Ass., Washington D.C. 1958, p. 109).

16. Giovanni 14:1-4; Apocalisse 1:7; 22:7,18,20; 2 Tessalonicesi 2:8; 1 Timoteo 6:14; 2 Timoteo 4:1,8; Tito 2:13; 1 Pietro 5:4; Ebrei 10:37.

17. «La storia che il grande IO SONO ha tracciato nella sua Parola, unendo anello dopo anello in una catena profetica dell’eternità del passato all’eternità del futuro, ci dice quello che noi dobbiamo aspettarci dall’avvenire. Tutto ciò che la profezia ha predetto fino ai nostri giorni è stato confermato dalle pagine della storia, e noi possiamo essere certi che tutto ciò che ancora deve accadere si adempirà a suo tempo» (E.G. WHITE, Principi di Educazione Cristiana, p. 178). «Il tema centrale, intorno al quale ruotano tutti quelli contenuti nel libro, è il piano della redenzione, la restaurazione dell’immagine di Dio nell’anima umana. Dalla prima parola di speranza contenuta nella sentenza di Dio pronunciata in Eden, all’ultima promessa di Apocalisse 22:4: “Essi vedranno la sua faccia e avranno in fronte il suo nome”, compito di ogni libro e di ogni passo del sacro testo è di svolgere il meraviglioso tema dell’elevazione dell’uomo e di dimostrare il potere di Dio “che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo”. Chi riesce a comprendere questo pensiero vede schiudersi dinanzi a sé un infinito campo di studio: ha la chiave che apre il tesoro della Parola di Dio». (Ibid, p. 105).

E.G. WHITE, La via migliore, Edizioni ADV, collana Segni dei Tempi, Impruneta FI, 1996, pp. 9- 15.

Capitolo 1

L’AMORE DI DIO PER L’UOMO

Solo un amore infinito, quell’amore straordinario di Dio per un mondo che non lo ama, può renderci figli del Re del cielo.

Osservate le meraviglie della natura, considerate come essa soddisfi in modo straordinario le esigenze dell’uomo e di tutte le creature, rendendoli felici. Insieme alla Bibbia essa testimonia dell’amore di Dio, il nostro Padre, a cui dobbiamo la vita, la saggezza, la gioia. Il sole che rallegra gli animi, la pioggia che rinfresca la terra, le colline, il mare, le pianure, tutto rivela l’amore del Creatore che, come afferma il salmista con queste magnifiche parole, provvede alle necessità quotidiane di tutte le sue creature:

«Gli occhi di tutti sono fissi su di te e tu doni il cibo a tempo opportuno. Apri la tua mano generosa e sazi ogni vivente» (Salmo 145:15,16).

Dio creò l’uomo perfettamente felice e puro e una terra bella e libera da ogni maledizione e da qualsiasi traccia di decadenza, ma la trasgressione della legge di Dio – la legge dell’amore – provocò dolore e morte. Dio seppe manifestare il suo amore perfino attraverso la sofferenza che nasce dal peccato.

Le spine e i cardi, le difficoltà e le prove che rendono la vita difficile e piena di preoccupazioni (cfr. Genesi 3:17), costituiscono uno strumento indispensabile nelle mani di Dio per risollevare l’uomo dalla degradazione e dalla rovina provocate dal peccato. Anche se viviamo in un mondo decaduto, la tristezza e la miseria non regnano ovunque: la natura infonde ancora speranza e consolazione; sui cardi nascono i fiori e sulle spine sbocciano le rose. Ogni gemma che si schiude, ogni tenero filo d’erba, annunciano che Dio è amore. Il cinguettio degli uccelli che volano nel cielo, il profumo che emanano i fiori dalle tinte delicate, il ricco e fresco fogliame dei maestosi alberi della foresta, testimoniano l’interesse paterno del nostro Dio e il suo desiderio di rendere felici i suoi figli.

La parola ispirata ci rivela il carattere di Dio, il suo amore infinito e la sua grande misericordia.

Quando Mosè infatti disse in preghiera: «… Fammi vedere la tua gloria!» il Signore gliela rivelò rispondendo: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà…» (Esodo 33:18,19 Luzzi). Poi, passando davanti a Mosè proclamò: «Io sono il Signore, il Dio misericordioso e clemente, sono paziente, sempre ben disposto e fedele. Conservo la mia benevolenza verso gli uomini per migliaia di generazioni, e tollero le disubbidienze, i delitti e i peccati…» (34:6,7). «Nessun dio è come te, Signore: tu cancelli le nostre colpe, perdoni i nostri peccati. Per amore dei sopravvissuti del tuo popolo, non resti in collera per sempre ma gioisci nel manifestare la tua bontà» (Michea 7:18).

Dio ha previsto nel creato numerose opportunità per ispirare nell’uomo un vero amore per lui, ma la bellezza della natura, o i più profondi e teneri vincoli che l’animo umano conosca, e attraverso cui Dio cerca di rivelarsi, offrono solo una pallida idea del suo amore. Satana ha nascosto queste prove divine accecando la mente dell’uomo; lo ha indotto a provare timore per il Signore e gli ha fatto credere che egli sia severo e crudele, avido di giustizia, un giudice inesorabile e uno spietato creditore. Ha presentato il Creatore come un essere che con occhio sospetto cerca gli errori e le colpe degli uomini per poi poterli colpire con i suoi giudizi.

Per sfatare le insinuazioni di Satana, Gesù è sceso sulla terra, fra gli uomini, per rivelare l’amore di Dio e far loro conoscere il Padre. «Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l’ha fatto conoscere» (Giovanni 1:18).

«Nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e quelli ai quali il Figlio lo fa conoscere» (Matteo 11:27).

Quando uno dei discepoli gli chiese: «Signore, mostraci il Padre…» Gesù rispose: «Filippo, sono stato con voi per tanto tempo e non mi conosci ancora? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: mostraci il Padre?» (Giovanni 14:8,9).

Parlando della sua missione sulla terra, Gesù si espresse con queste parole: «Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me. Egli mi ha scelto per portare il lieto messaggio ai poveri. Mi ha mandato per proclamare la liberazione ai prigionieri e il dono della vista ai ciechi, per liberare gli oppressi…» (Luca 4:18).

Questa era la missione del Cristo. Egli andava ovunque facendo del bene e guarendo tutti coloro che erano vittime del male. Si potevano trovare interi villaggi in cui non si udivano più lamenti di dolore perché era passato di là e aveva guarito tutti i malati. La sua opera costituiva una prova della sua divinità; ogni sua azione rivelava amore, misericordia, compassione e simpatia per l’umanità.

Assunse la natura umana per soddisfare meglio le necessità dell’uomo. I più poveri e i più umili non temevano di avvicinarsi a lui; i bambini ne erano attratti, desideravano salire sulle sue ginocchia e contemplare quel volto dolce e pensoso.

Gesù, pur non nascondendo mai la verità, si espresse sempre con amore; nei suoi rapporti con gli altri dimostrava tatto, dolcezza e profondo interesse.

Non fu mai rude, non pronunciò mai inutilmente una parola severa, non provocò mai dolore a un essere sensibile.

Invece di censurare le debolezze dell’uomo, insegnava la verità con amore. Denunciava con severità l’ipocrisia, l’incredulità e l’ingiustizia, ma sempre con voce commossa e accorata. Pianse su Gerusalemme, la città che amava e che aveva rifiutato di accettare proprio lui, la Via, la Verità, la Vita, (cfr. Giovanni 14:6) provando un’infinita compassione per coloro che lo avevano respinto. Condusse una vita di sacrifici preoccupandosi degli altri perché per lui, che era venuto sulla terra per salvare ogni uomo, tutti erano preziosi. E pur comportandosi sempre con la massima dignità esprimeva un grande affetto e una grande disponibilità nei confronti di ogni essere umano.

Dio ha lo stesso carattere che Gesù ha manifestato durante la sua vita; da lui proviene l’amore che tramite il Cristo è giunto fino a noi. Gesù, il pietoso e dolce Salvatore, era Dio che «si è manifestato come uomo» (1 Timoteo 3:16); che visse, soffrì e morì per redimerci, che divenne «uomo… di sofferenze e di dolore» (Isaia 53:3) per procurarci gioie eterne. Dio permise che suo Figlio «… pieno di grazia e di verità» (Giovanni 1:14) lasciasse un mondo di gloria indescrivibile per una terra deturpata dal peccato, dalla morte e dalla maledizione. Dio permise al Figlio di privarsi del suo affetto, dell’adorazione degli angeli, per sopportare non solo vergogna, insulti, umiliazione, odio ma persino la morte. «Egli è stato punito, e noi siamo stati salvati. Egli è stato percosso, e noi siamo guariti» (Isaia 53:5).

Contemplatelo nel deserto, nel Getsemani, sulla croce! Il Figlio di Dio, che era uno con il Padre, fu oppresso dal peccato, provò quanto fosse terribile sentirsi lontano da Dio a causa del male. Fu questo dolore che gli strappò dalle labbra il grido angoscioso: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Matteo 27:46). Fu il peso del peccato, che egli avvertiva in tutta la sua gravità e che lo separava da Dio, a spezzargli il cuore.

Lo scopo di questo grande sacrificio non era assolutamente quello di suscitare nell’animo del Padre l’amore per l’uomo e quindi indurlo a concedere la salvezza, perché «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio…» (Giovanni 3:16).

Dio non ci ama per la grande opera che Gesù ha compiuto in nostro favore, perché il Padre stesso l’ha voluta, motivato dall’amore che prova per noi.

Il Cristo è stato lo strumento grazie al quale Dio ha potuto riversare su di noi il suo amore: «Così Dio ha riconciliato il mondo con sé per mezzo di Cristo…» (2 Corinzi 5:19). Dio soffrì con il Figlio. Colui che è amore infinito pagò, tramite l’agonia del Getsemani e la morte sul Calvario, il prezzo per la nostra redenzione.

Gesù affermò: «Per questo il Padre mi ama, perché io offro la mia vita, e poi la riprendo» (Giovanni 10:17), intendendo dire: «Mio padre vi ama così tanto, che ora mi ama ancora di più perché ho accettato di offrire me stesso per redimervi, perché divento vostro sostituto e garante, perché rinuncio alla mia vita attribuendomi le vostre trasgressioni e i vostri errori; grazie al mio sacrificio Dio, senza commettere alcuna ingiustizia, può giustificare chi crede in me».

Nessuno, tranne il Figlio di Dio, avrebbe potuto salvarci, perché solo colui che era in sintonia perfetta con il Padre, che conosceva l’immensità dell’amore di Dio, poteva rivelarlo. Solo il sacrificio infinito del Cristo, in favore dell’umanità corrotta, poteva farci conoscere in maniera adeguata l’amore di Dio che «… ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio…» (3:16).

Dio offrì suo Figlio all’umanità decaduta non solo perché vivesse fra gli uomini, si immedesimasse nella loro realtà, ne comprendesse profondamente gli interessi e le necessità, unendosi indissolubilmente a loro tanto da non vergognarsi «… di chiamarli fratelli» (Ebrei 2:11), ma anche perché proprio lui, che era uno con Dio, ne portasse i peccati e morisse per loro. Il Cristo, nostro sacrificio, nostro avvocato e nostro fratello, che si presenta al Padre nella sua dimensione umana, rimarrà in eterno il Figlio dell’uomo. Questo piano è stato concepito per dare all’uomo la possibilità di risollevarsi dalla miseria e dalla degradazione del peccato, riflettere l’amore di Dio e condividerne la gioia e la purezza.

Il sacrificio che il Padre ha accettato per la nostra redenzione, permettendo che suo Figlio morisse per noi, dovrebbe farci comprendere quali mete possiamo raggiungere grazie al Cristo. L’apostolo Giovanni, contemplando l’immenso amore del Padre per l’umanità perduta, fu pervaso da un sentimento di rispetto e di adorazione. Non trovando parole adatte per esprimerne la grandezza e la bontà, invitò gli uomini a contemplarlo:

«Vedete come ci ha voluto bene il Padre! Egli ci ha chiamati a essere suoi figli…» (1 Giovanni 3:1). L’uomo assume così un valore enorme! Mentre a causa del peccato l’umanità era soggetta a Satana, grazie alla fede nel sacrificio espiatorio del Cristo i figli di Adamo possono diventare figli di Dio.

Il Cristo, assumendo la natura umana, ha nobilitato l’uomo; grazie a lui anche l’individuo più corrotto può diventare degno del nome di «figlio di Dio» .

Solo un amore infinito, quell’amore straordinario di Dio per un mondo che non lo ama, può renderci figli del Re del cielo. Esso deve costituire il soggetto di una profonda riflessione e porre la mente e l’intero essere sotto il controllo della volontà di Dio.

Osservando il carattere di Dio, alla luce dell’esperienza della croce, notiamo che la misericordia, la sensibilità e il perdono si armonizzano con la giustizia e comprendiamo con sempre maggiore chiarezza quell’amore così grande e intenso che supera anche il più profondo affetto di una madre per il figlio ribelle.

Bibliografia

Verrecchia J.C., La Bibbia Nuove istruzioni per l’uso, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010.

La confessione di fede degli Avventisti del 7° Giorno, Le 28 verità bibliche fondamentali, Edizioni ADV, Impruneta Firenze, 2010, cap. 1.

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